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Come racconterebbe la propria discesa agli inferi una ragazzina di 12 anni? Così, come Lola in Atti casuali di violenza insensata la (de)scrive a Anne, il suo diario.
Tutto comincia con fatti di ordinaria amministrazione: un padre che non trova a chi vendere le proprie sceneggiature e una madre traduttrice e insegnante che non riesce a lavorare se non a ritmi forsennati. Due sorelline in tenera età e una grande, grande città: New York. Eppure gli echi di una diffusa guerriglia urbana entrano di prepotenza all’interno del racconto che Lola scrive a Anne, il suo diario. Il presidente muore ammazzato, poi ne muore un secondo, la criminalità fa il paio con una fortissima crisi economica e sociale serpeggia
una violenza alla Arancia Meccanica. Anche le amichette della scuola (privata) voltano la faccia a Lola quando i genitori sono costretti a trasferirsi in un quartiere popolare per mancanza di denaro. Pian piano Lola si trova a giocare a fare la dura e a entrare in gang di quartiere al femminile. L’amore per Iz, ragazza nera spigliata e combattiva, la trascina sempre più a fondo e ogni sera il coprifuoco viene anticipato… Un mondo distopico come un romanzo di Philip K. Dick che, come nella migliore letteratura fantascientifica assomiglia moltissimo al nostro, funestato dalla crisi. Piccoli elementi sempre più determinanti dipingono una situazione di violenza che non risparmia i bambini, neppure quelli delle “buone famiglie”.
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Veröffentlichungsjahr: 2015
collana
i Taglienti / 1
Titolo originale
Random Acts of Senseless Violence
Edizione originale
Harper Collins, Londra
Copyright © Jack Womack 1993
Prima edizione italiana:
Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1996
Copyright © 2012 Meridiano Zero di Odoya srl
Tutti i diritti riservati
isbn 978-88-8237-264-4
isbn ePub 978-88-8237-355-9
Grafica di copertina: Mauro Cremonini
Coordinamento editoriale: Caterina Ciccotti
Redazione: Marianna Tosciri
Realizzazione ePub: Mauro Sulis
Un sentito ringraziamento a Carlo Feltrinelli
Meridiano Zero
via Benedetto Marcello 7 - 40141 – Bologna
www.meridianozero.it
Jack Womack
Atti casuali di violenza insensata
Traduzione dall’inglese di Grazia Gatti
Ai miei genitori
Ann Truitt Karrenbrock e Jack Womack, Sr
15febbraio
La mamma dice che la mia è una mente notturna. La prima volta che me l’ha detto le ho chiesto cosa intendeva e lei mi ha risposto: – Tesoro, tu pensi meglio al buio, come me. – Credo che abbia ragione. Eccomi qui alzata fino a tardi per scrivere il mio nuovo diario. La mamma me l’ha regalato proprio oggi, per il mio compleanno. Io adoro scrivere. Anche mamma e papà scrivono, ma secondo me non gli piace più, scrivono solo perché devono.
Per il mio compleanno ho avuto anche una camera nuova, però non è stata una sorpresa come il diario. Non è che sia proprio una camera nuova, è quella dove prima stava la cameriera. Abbiamo dovuto lasciarla andare ma dov’è andata non lo so. Si chiamava Inez ed era simpatica anche se con me e mia sorella Boob non parlava tanto perché il suo inglese non era granché. Boob è la mia sorellina e adesso anche lei ha la sua camera. In verità si chiama Cheryl ma tra noi usiamo sempre dei soprannomi: lei è Boob e io Booz.
Il mio vero nome è Lola Hart. I nostri genitori sono Faye e Michael Hart. Abitiamo sull’Ottantaseiesima Strada vicino a Park Avenue, New York City.
Questa mattina, quando sono arrivati i mobili nuovi, mamma e papà mi hanno aiutato a portare tutte le mie cose nella camera nuova. Ho un letto nuovo, una lampada nuova, una scrivania nuova e una sedia nuova. Ho anche dei maglioni e delle scarpe nuove, e un dizionario per la scuola.
Il mio nuovo diario però è il regalo che mi piace di più. Adesso devo andare a dormire, ma ci rivediamo domani. Papà dice che ci saranno altre sorprese per il mio compleanno. So che dice la verità perché quando dice le bugie glielo si legge in faccia. Buonanotte.
16febbraio
Oggi è domenica e domani è la Giornata del Presidente e io ho davanti uno splendido, lungo weekend di dolce far niente. Oggi, per l’extra sorpresa di compleanno che mi aveva promesso, papà ci ha portato a pranzo da Rumpelmayer. Rumpelmayer dentro è tutto rosa come me e Boob. Prima mi piaceva di più, non è più divertente come una volta. A Boob piace, ma lei è ancora piccola. Abbiamo preso il gelato e naturalmente Boob ci si è fatta mettere anche il caramello caldo. Papà voleva comprarmi un peluche ma ormai sono troppo grande per i peluche, mi sa: ho compiuto dodici anni. La mamma dice: – Non sono tanti, amore, assolutamente. – Ma invece sì. E comunque con tutti i peluche che ho già non c’è più spazio sul letto. Boob ha cominciato a piangere che voleva un peluche ma papà ha detto che non era il suo compleanno, quindi perché doveva comprarglielo? Poi però le ha preso un coniglietto marrone e allora la mamma gli ha detto che abbocca sempre.
Boob ha nove anni ed è viziata da far schifo, ma io le voglio bene lo stesso. – Dagli un bacio Booz – mi ha detto e poi siccome io non volevo si è tenuta il suo coniglio in braccio finché siamo rimasti lì. Adesso ha le orecchie tutte caramellate. Stamattina per uscire voleva mettersi il marsupio con il Piccolo Feto ma la mamma non l’ha lasciata. Gliel’ha mandato per Hanukkah la zia Chrissie, che abita in California. Il Piccolo Feto è una bambola che si infila in un marsupio da legare sulla pancia. Quando si schiaccia un bottone tira calci come un bambino vero. A mamma e papà non piace, ma Boob ci va pazza. Se lo metterebbe anche per andare a scuola se la lasciassero, solo che non la lasciano.
Io odio i bambini. Si sporcano sempre, non stanno mai fermi e puzzano. Non ne voglio e non ne avrò mai. Più scrivo e più mi vengono in mente cose da scrivere. Adesso però sono stanca. Domani avrò un sacco di tempo e scriverò ancora un sacco di cose.
19febbraio
Lunedì poi non ho più scritto perché ho sprecato troppo tempo a pensare cosa scrivere. Secondo me ad anni di distanza un diario sarà interessante da leggere per vedere tutte le cose che facevo e che col tempo mi sono dimenticata. Se avessi tenuto un diario quando avevo cinque o sei anni adesso sarebbe il momento di leggerlo. Credo che mi sentirei imbarazzata ma vorrei leggerlo lo stesso. Ho chiesto alla mamma se ha mai tenuto un diario e lei mi ha risposto: – Sì, tesoro, ma ho smesso e mi dispiace.
– Perché hai smesso? – le ho domandato.
E lei: – Ero una ragazzina sciocca.
– Chi l’ha detto?
– Mia madre, tesoro, mia madre mi diceva sempre che ero una ragazzina sciocca. Tutte le madri lo dicono alle figlie.
– Tu non me l’hai mai detto – ho risposto io.
– È perché tu non sei una ragazzina sciocca, amore.
– Lo so, – le ho detto – se non smetto mai di scrivere il diario, saprò sempre cosa ho fatto.
– Sì, tesoro, è per questo che te l’abbiamo regalato. Così potrai ricordati di come è bella la vita anche quando non ti sembrerà più che lo sia. – Volevo restare ancora a parlare, ma stava scrivendo il suo curriculum e doveva rimettersi a lavorare così l’ho lasciata in pace. Papà era in centro a parlare con un regista. Siccome mi annoiavo, sono andata a tener compagnia a Boob che stava facendo il bagno. Era seduta nella vasca e cercava di spremere l’acqua fuori dal suo bambino. – Lo stai affogando – le ho detto.
– Non è vero – mi ha risposto e mi ha schizzato. – Non bagnarti Booz – mi fa. Mi sono lavata i denti. Boob voleva lavarsi i capelli e si è messa con il sedere per aria per bagnarsi la testa; allora, quando l’ho vista così, le ho dato uno spintone. Lei ha fatto un salto, ha battuto la testa contro la vasca e ha cominciato a piangere.
– Non fare la neonata Boob – le ho detto. Lei gridava e chiamava la mamma, ma quando ha visto che la mamma non arrivava l’ha piantata. Quando la cosa è davvero seria Boob non piange, la maggior parte delle volte fa le cascate del Niagara ma questo non vuol dir niente e noi lo sappiamo. Funziona solo con chi non la conosce. Quando è uscita dalla vasca mi ha frustato con l’asciugamano, ma io l’ho ignorata e allora lei se n’è andata.
Una giornata tipica. In questo momento sono sdraiata sul letto a chiedermi se davvero voglio ricordarmi tutto quello che faccio. Non vedo perché no.
20febbraio
Sono molto migliorata nel tener fede al mio appuntamento ed eccomi qui a scrivere di nuovo per due giorni di fila. Ho deciso di darti un nome così non mi sembrerà di parlare col muro, come dice papà ogni tanto quando parla con noi. Ti chiamerai Anne, è un nome giusto per un diario e non ti farò mai leggere a nessuno. Quello che ti racconto resterà tra noi due.
Voglio dirti qualcosa di più su di me, Anne. Come sai, io ho dodici anni e Boob nove. Siamo nate tutte e due a New York, all’ospedale di Lenox Hill, ma i nostri genitori non sono di qui: la mamma viene da Los Angeles e papà da Chicago. Ci siamo stati in vacanza ma non mi piacciono, né Los Angeles né Chicago. Sono posti orribili e sono contenta che li stiano bruciando.
La mamma era docente di inglese alla New York University prima di perdere il posto, lo scorso semestre. Quando insegna, insegna letteratura del xx secolo. Al momento sta cercando di trovare un posto in un’altra scuola ma senza molta fortuna. Scrive anche libri e saggi sulle cose che facevano veramente certi scrittori mentre tentavano di farne altre, almeno è così che lo spiega. Dice che gli studenti non sono più molto bravi. – Tesoro, sono così imbambolati che ti viene voglia di andare a dargli un pizzicotto per vedere se stanno dormendo. Ma, amore, sono anche così cari e si sforzano davvero, solo che hanno così tanti problemi che a volte bisogna lasciargli passare di tutto.
La mamma dice che persino quando leggono non gli rimane in testa niente. Dice che è perché la tv gli cancella tutto quello che hanno nel cervello. Eppure lei e papà guardano sempre la tv. Papà scrive per la tv. Quando la mamma insegnava ancora, le ho chiesto se papà distraeva i suoi studenti. – Oh, tesoro, lui scrive delle belle cose, gli studenti non guarderebbero mai roba del genere, non la guarda nessuno – mi ha risposto. Andare a lavorare le manca e spero che troverà presto un altro posto. Solo che al momento non promette bene, così dice la mamma.
Papà fa parte dell’Associazione sceneggiatori. Voleva fare il romanziere ma la mamma dice che non è un Dickens. Scrive copioni per i film e, anche se non gliene hanno ancora prodotto uno, lo pagano lo stesso. Ha già avuto dei programmi alla tv.
L’anno scorso ha guadagnato un sacco di soldi, ma quest’anno meno. Va sempre così. La mamma e papà non se la cavano bene con i soldi secondo me. A volte ce ne sono tanti che non sanno cosa farsene e poi il mese dopo siamo senza un quattrino. Non importa. C’è sempre qualcuno che deve dei soldi a papà, solo mai tanti quanti lui ne deve a qualcun altro. Ogni volta che mamma e papà parlano finiscono sempre per discutere di soldi se parlano abbastanza a lungo, e ultimamente parlano tantissimo.
Stasera Boob ha cercato di mettermi il suo stupido Piccolo Feto per vedere come starei incinta. Io l’ho buttato per terra e allora lei ha detto che mi denunciava per maltrattamenti all’infanzia. Boob sa essere così immatura. Quando ero più piccola, mi divertivo a giocare con lei, ma adesso non voglio più giocare con le bambole. Lei va su tutte le furie ma io non posso farci niente. Le voglio bene, però è matta. Quando stavamo nella stessa stanza, a volte si infilava nel mio letto prima che mi addormentassi per raccontarmi tutte le belle cose che papà le aveva detto.
– Papà ha detto che ero la sua ragazza preferita. Così mi ha detto, Booz. La sua ragazza preferita. – Vattene Boob – faccio io. – Quando il circo viene in città mi porterà a vederlo. – Fantastico. Adesso vattene Boob. – Tu vuoi andarci al circo Booz? – Io voglio dormire. – In genere devo buttarla giù dal letto se no non se ne va. Una volta è caduta su un braccio e credevamo che si fosse rotta il polso. Ho capito che non era vero perché piangeva troppo forte e avevo ragione.
Anche adesso che non c’è Boob a tormentarmi, mi capita lo stesso di non riuscire a dormire, Anne. Però mi sembra che se scrivo prima di andare a letto poi mi addormento. Non sarà la migliore delle ragioni per scrivere ma è pur sempre un vantaggio. Adesso voglio andare a dormire, credo. A volte non so cosa voglio.
21febbraio
Oggi a scuola la prof di ginnastica, Miss Norris, ci ha fatto vedere un video sulle malattie veneree. Quello che ti può succedere se lo fai. Era da vomitare tanto che Lori, la mia migliore amica, e delle altre ragazze si sono sentite male, ma mi sa che facevano solo finta per poter andare in bagno a fumare. La scuola oggi è stata proprio una noia. Se fosse primavera potremmo salire sul tetto a giocare. Il mese scorso per una settimana ci sono stati ventotto gradi e Miss Norris ha montato la rete per la pallavolo e ci siamo divertite un sacco, poi però è tornato il freddo.
A me e Boob piace andare a scuola. La nostra scuola, Brearley, è tutta femminile. Certe mie compagne dicono che sentono la mancanza dei maschi, ma io non so perché. I maschi sono proprio stupidi e non capisco per che motivo una dovrebbe volerli tra i piedi, sono dei neonati. L’anno scorso la mamma mi ha chiesto se mi dispiaceva andare in una scuola femminile e io le ho risposto che assolutamente no, perché i ragazzi non mi interessavano. Allora lei mi ha detto: – I ragazzi sono dei terribili mascalzoni e anche peggio, cara, ma vedrai che tra un po’ comincerai a pensarci.
– E perché dovrei? – le ho chiesto. Lei mi ha stretto forte e mi ha dato un bacio.
– Succede, angelo mio, e quando ti rendi conto dell’errore è troppo tardi perché ormai ti hanno preso all’amo, tesoro, in questo sono furbissimi.
– Anche papà era così? – ho domandato. Lei ha annuito. – Perché non te ne sei accorta, allora?
– Più invecchiano più diventano furbi, tesoro – mi ha risposto.
Sono sicura che è vero, ma io sarò sempre più furba di loro. Preferisco scrivere a te, Anne, piuttosto che preoccuparmi di cosa starà mai facendo uno stupido ragazzo. Secondo me non ha senso e lo so che tu mi capisci.
Stasera a tavola mamma e papà parlavano. Lei gli ha chiesto quando arriveranno i soldi dai produttori. Papà ha detto che pensa di tornare da Los Angeles con un assegno. Parte domani in aereo per andare a incontrarli. La mamma ha detto: – Oh, tesoro, a Yeshiva non assumono, stanno tagliando come in città, li ho sentiti oggi.
Hanno parlato del ruolo e di come mai a lei non l’hanno dato. Io non capivo bene e Boob era come sempre totalmente persa, così ha chiesto: – Cos’è il ruolo?
– Se hai il ruolo, amore, nessuno ti toglie la cattedra anche se come insegnante fai pietà.
– Perché a te non l’hanno dato? – le ho domandato. – Non facevo abbastanza pietà – ha risposto lei e ha riso, ma più tardi ha preso uno Xanax e mi sa che non sta bene.
Da quando ho la mia nuova camera, papà non viene più a darmi la buonanotte e io sono contenta. Non voglio più farmi rimboccare le coperte. Stasera ho potuto scrivere quanto ho voluto. Lui è rimasto a parlare con Boob per parecchio tempo ma non ho sentito cosa dicevano. Una volta ho chiesto alla mamma se papà vorrebbe che Boob fosse la loro unica figlia e lei ha detto: – Non essere sciocca, tesoro, papà vuole bene a tutte noi. – Boob parla nel sonno, blatera tutto il tempo. La sento attraverso la porta chiusa ma almeno adesso riesco a dormire lo stesso. Abbiamo stanze separate e io sono contenta, contenta, contenta. Mi piace avere la mia camera. La settimana è quasi finita! Notte, Anne.
23febbraio
Oggi sono venute a trovarmi le mie amiche Katherine e Lori. Passiamo insieme quasi tutti i sabati. Hanno la mia età e vengono anche loro a Brearley. Le conosco da quando eravamo in prima, sono le mie migliori amiche.
Ieri papà è partito per Los Angeles e così stamattina la mamma è rimasta a letto fino a tardi perché sa che posso pensarci io a preparare la colazione per me e quell’oca di Boob. Qualche volta Boob ci viene dietro quando usciamo di sabato, ma oggi no: ah! ah! doveva fare i compiti. Faceva così caldo che abbiamo pensato di andare al parco. La mamma ci ha detto: – State attente paperette e non arrivate oltre il museo. Ci sono maniaci dietro ogni cespuglio. – La mamma ci chiama paperette, papà invece ci chiama le vipere perché dice che ne combiniamo sempre una.
Siamo andate al parco e non volevamo spingerci lontano; però, Anne, lo sai com’è quando cominci a camminare e a chiacchierare. C’era un sacco di gente in giro e senza accorgercene siamo arrivate sulla passeggiata fino al lago. C’erano degli uomini che prendevano il sole in costume da bagno e uno di loro che era peloso come un gorilla ha dato un bacio a un altro. – Guarda, due dell’altra sponda – ha detto Katherine e Lori ha cominciato a ridacchiare. – Cosa c’è di tanto divertente? – ho chiesto io. E Lori: – Come faranno a camminare? – Voleva dire con quei cosi fra le gambe. – Tu dovresti saperlo – ha risposto Katherine. A Halloween Lori si è messa con uno di quattordici anni, un certo Simon Norris, fratello di un amico di suo fratello. Però mi ha detto che non ci ha fatto niente. Mi ha detto che si sono baciati per un po’ e poi lui ha cercato di toglierle il reggiseno ma siccome lei non l’ha lasciato, l’ha smessa. – Tu dovresti saperlo, Lori – continuava a ripetere Katherine finché Lori le ha detto: – Sta zitta Kat sei una scema. – Litigano sempre.
Ho preso la lattina di Coca che avevo finito, me la sono infilata tra le cosce e mi sono messa a camminare a gambe divaricate. – Fanno così – ho detto. Lori era piegata in due dal ridere, invece Katherine faceva finta di non conoscerci. – Che schifo – ha detto. È una vera schizzinosa.
Siamo tornate indietro sul lato est del parco perché la mamma dice che di lì è più sicuro. Quando siamo arrivate ad attraversare la strada, abbiamo sentito odore di bruciato. C’era un’ambulanza e fermi vicino a un albero della gente e un poliziotto, così siamo corse a vedere cos’era successo: qualcuno aveva dato fuoco a un senzatetto, ci ha spiegato una ragazza coi pattini. Katherine si è sentita male e ha detto che le veniva da vomitare. Io e Lori abbiamo cercato di vedere se era carbonizzato ma l’avevano già caricato sull’ambulanza. – Non sono spettacoli adatti a voi – mi ha detto un vecchio e io volevo rispondergli: – E chi l’ha deciso? – ma ho lasciato perdere. Katherine era verde e tremava, però non è esplosa. Lori l’ha chiamata budino ma anche lei non aveva l’aria di quella che sta tanto bene.
Mentre tornavamo a casa abbiamo visto delle ragazze nere e ispaniche che tiravano bottiglie contro il muro del parco. Dal modo in cui ridevano ho capito che erano state loro a dar fuoco all’uomo. – Sei una razzista – ha sparato Lori quando le ho detto quello che pensavo. – Non è vero – ho risposto, ma lei ha detto di sì. Secondo me Katherine pensava che avevo ragione io, però è stata zitta. Non sono razzista ma sono sicura che sono state quelle ragazze, non so come ho fatto a capirlo ma lo so. Mentre passavamo di fianco ai senzatetto sulla Ottantaseiesima, Anne, mi sono chiesta quante volte avranno cercato di picchiarli o di bruciarli vivi. Mamma e papà danno sempre soldi alle associazioni di beneficenza per i senzatetto, eppure per strada se ne vedono sempre di più.
Siamo tornate a casa di Lori e ci siamo messe in camera sua. Lori abita con i suoi sulla Ottantatreesima tra Park e Lexington Avenue. Katherine ha detto che era preoccupata perché sua mamma dice che presto le verranno le mestruazioni ma non le sono ancora venute. Lori le ha detto che è meglio non aver fretta. Io non sto poi così male quando mi vengono. Mi sa che mi è andata bene, ho i dolori solo il primo giorno e poi basta. Katherine dice che non vuole usare i tamponi, ci ha provato ma si è fatta male. – Allora dovrai usare i pannolini – ha detto Lori. – Niente tamponi per i budini. – Katherine si è arrabbiata di nuovo ma non è durata. Abbiamo ascoltato un po’ di musica e poi sono venuta a casa.
Stasera al telegiornale non hanno parlato dell’uomo bruciato vivo. Mi ricordo che prima lo dicevano quando davano fuoco a un senzatetto. Alla mamma e a Boob non l’ho raccontato quello che abbiamo visto nel parco, perché la mamma ci sta male quando sente certe cose. Boob invece si arrabbia così tanto quando si perde qualcosa che non glielo direi mai e poi mai. Così impari, Boob.
24febbraio
Papà è a Los Angeles. Torna domani. La mamma ha detto che le ha telefonato ieri sera tardi, dopo che siamo andate a letto. Le ho chiesto cosa ha detto e lei mi ha risposto che le è sembrato contento. Non mi ha detto se aveva l’assegno o no, scommetto di no.
Oggi pioveva e così ho fatto i compiti questa mattina invece che stasera. Ho da leggere Silas Marner ma è uno schifo. Papà lo chiama Silas Mariner perché dice che George Eliot deve averlo scritto sott’acqua. Se Miss Dudley lo usa per farci una verifica a sorpresa credo che me la caverò, però mi piacerebbe avere anche altri libri da leggere per scuola. Stasera ho ricominciato Life Among the Savages di Shirley Jackson. L’ho già letto una decina di volte, mi piace moltissimo. Parla di una famiglia di matti. Mi piacciono le storie che parlano di famiglie matte. Come se non ne conoscessi! Papà dice che lui conosce della gente che conosceva i personaggi del libro e che erano anche più matti di quello che sembra leggendo. Sarebbe bello incontrarli, ci divertiremmo un sacco.
Boob ha trovato da qualche parte una di quelle stupide riviste e mi ha chiesto se secondo me il ragazzo della copertina era carino. – E secondo te? – le ho domandato io.
– Carino carinissimo – ha detto. – Guarda, c’è una fotografia dove va a cavallo. Magari potrebbe portarmi a fare una galoppata.
– Cadresti di sella – le ho risposto. – Piantala Boob.
Abbiamo cenato guardando la tv. La mamma ha telefonato al cinese, io ho preso i noodles. Al telegiornale parlavano degli scontri a Miami. Hanno detto che a New York non succederà niente. Ma cosa ne sanno, si sbagliano sempre e fanno finta di sapere tutto. Speriamo che non ci siano scontri qui da noi.
25febbraio
Papà è tornato oggi pomeriggio prima che noi uscissimo da scuola e quando siamo arrivate a casa era nel suo studio a fare delle telefonate. La mamma ha detto: – Gli hanno dato il pollice verso, bambine mie. – Voleva dire che non gli hanno comprato l’idea, quindi le cose si mettono peggio perché mi sa che su quel contratto ci contava proprio. Mi sono accorta che negli ultimi tempi sono arrivati un sacco di conti in più da pagare e la settimana scorsa il commercialista di papà è venuto qui per parlare delle tasse. Questa volta lui e la mamma sono molto più preoccupati. Dopo aver finito di parlare al telefono, papà è uscito a fare due passi sulla Ottantaseiesima Strada e mentre non c’era io e Boob abbiamo chiesto alla mamma se eravamo messi male.
– No no no, bambine mie – ha detto lei, ma io lo so che ci intortava. Glielo leggo sempre in faccia. – Michael è un tesoro ma è un tale spendaccione… Forse lo siamo tutti e due, ma cosa ci si può fare? Deve inventarsi qualcosa di nuovo, però non sa ancora cosa e intanto abbiamo i lupi alla porta.
Boob è andata a guardare. – Io non li vedo – ha detto e la mamma si è messa a ridere.
– Perché papà non cerca di risparmiare un po’ di più? – le ho chiesto.
– Angelo mio, noi cerchiamo ma è molto difficile con i prezzi che continuano a salire. Di questo passo chissà dove finiremo. Già in circostanze normali non è facile vivere in una città come New York.
– Io non voglio vivere da nessun’altra parte – ho detto.
– No amore e neanche noi, ma abitare a New York vuol dire spendere un sacco di soldi che altrimenti non si spenderebbero.
– A meno di essere papà – ho detto.
– Bisognerà pensare a cosa si può fare – ha detto la mamma. – Preparare un piano d’azione. Forse per un po’ sarà dura ma non per molto, bambine mie.
– Per quanto? – ha chiesto Boob.
– Non per molto – ha ripetuto la mamma. Poi è tornato papà e ha telefonato al ristorante cinese perché la mamma aveva perso tempo a parlare con noi e si era dimenticata di preparare la cena. Mi sa che ha preso troppo Prozac, la fa diventare smemorata. È arrivato da mangiare e ci siamo messi a tavola. Io avevo preso gamberetti con anacardi e Boob manzo con salsa all’aglio. Mamma e papà hanno ordinato i noodles col sesamo perché non avevano tanta fame. Mentre mangiavamo abbiamo guardato il telegiornale. Il presidente ha detto che le cose non vanno così male come sembra, quindi non c’è da preoccuparsi. Che idiota, ha commentato papà.
– Un buffone – ha detto la mamma. – Se persino io ne avevo uno in classe, vuol dire che in giro ce ne sono a centinaia. E adesso sono loro a decidere su tutto.
Tutto, ha ripetuto papà.
– Però anche voi dite che le cose non vanno così male come sembra quindi non c’è da preoccuparsi, – ho detto io – proprio come lui.
– Lui non sa di cosa parla, tesoro – mi ha risposto la mamma. – Si è dato quella mazza da golf in testa una volta di troppo.
Il presidente strizza gli occhi come fanno mamma e papà quando dicono che va tutto bene, quindi scommetto che intorta anche lui. Qualcuno gli ha domandato cosa intendeva fare e il presidente ha risposto che la gente si mette nei guai perché si crea da sola la realtà in cui vive e quindi non ci si può fare niente. Poi è salito sull’elicottero ed è decollato. Ci sono stati disordini a Detroit, a Seattle e a Miami. Per non parlare di Chicago e Los Angeles. C’è in giro troppa realtà di questi tempi, ha detto papà.
27febbraio
Ieri non è stata una bella giornata, Anne. Ogni volta che papà è in pensiero, Boob va in tilt e ieri appena l’ha visto ha capito che era molto in pensiero. Ho chiesto alla mamma cosa c’era ma lei ha detto: – Niente, amore. Non preoccuparti. – A cena papà e mamma hanno cominciato a parlare e naturalmente dopo un po’, Anne, parlavano come sempre di soldi. Papà diceva che lui non sa dove andarli a prendere.
– Fatteli dare dalla banca – è saltata su Boob. – Vai lì e digli di darteli subito.
Papà le ha risposto che in banca non lo lasciano più neanche entrare. La mamma ha detto: – Tesoro tu ti preoccupi troppo, non dovresti. – Papà delle idee le ha, ma in questo momento nessuno compra niente visto come vanno le cose. Ha guardato me e Boob e ha detto che non sa come ce la caveremo.
– E noi cosa possiamo fare per aiutare? – ho domandato. Lo sapevo che avrebbe risposto niente, perché dice sempre così e naturalmente è proprio quello che mi ha risposto. – Sei sicuro? – ho insistito e lui ha scosso la testa.
– Bambine mie, una cosa c’è di cui abbiamo parlato – ha detto la mamma. – Probabilmente non ci arriveremo, ma abbiamo pensato che sarebbe stato meglio parlarne anche con voi.
– Parlare di cosa? – ha chiesto Boob.
– Di traslocare per un po’. Non sarà per molto, bambine, solo finché siamo così alle strette.
Boob non ha fiatato, ma mentre la mamma parlava lei continuava a guardare papà. – Traslocare dove?
– L’idea sarebbe di restare in città, bambine, ma per un po’ in un appartamento più piccolo. Questo potremmo darlo in affitto. Solo per un paio di mesi durante l’estate o magari anche in autunno. Comunque non per molto, piccole mie, non per molto. Ed è solo una possibilità.
– Per quanto? – ho chiesto.
– Non per molto.
– Quest’estate allora non andiamo a Long Island?
– Oh amore, Long Island è fuori discussione e anche se avessimo i soldi sai da quelle parti è un po’ pericoloso dopo l’incidente nucleare e con tutti quelli come Chrissie in subbuglio.
– Però non ce ne andremo da New York, vero?
No, ha detto papà. Costerebbe troppo. Si tratterebbe solo di trovare una casa più piccola a Manhattan per un po’, ha detto. Ha detto che voleva solo sapere cosa ne pensavamo nel caso fossero stati necessari dei cambiamenti.
– Quali altri cambiamenti? – ho chiesto. Lui ha scosso la testa e ha detto: probabilmente nessuno, ma se ce ne sarà bisogno saranno cambiamenti grossi. – Grossi quanto? – gli ho domandato e lui ha risposto che non si poteva dire con sicurezza ma voleva sapere se ci saremmo state male. – Dipende da che cambiamenti sono – ho detto io. – Tu e la mamma volete divorziare? – Boob non parlava ma dalla faccia che aveva ho visto che era davvero in ansia. No no no, ha detto papà, niente del genere. – Mi pareva. Meno male – ho risposto. Lui ha detto che qualsiasi cosa succeda noi quattro resteremo insieme e su questo non si discute.
– Quando dobbiamo traslocare? – ho domandato. Forse non sarà necessario, ha risposto lui, quindi per il momento non vi preoccupate.
– Non c’è niente di cui preoccuparsi, paperette, assolutamente – ha ripetuto la mamma e poi abbiamo finito di mangiare. Invece è chiaro che mi preoccupo. Non voglio andarmene neanche per un po’, Anne. Ho sempre abitato qui. Boob vuole andarsene ancor meno di me.
Ieri sera, mentre stavo per cominciare a scriverti per raccontarti tutto quello che era successo, Boob ha bussato alla porta della mia stanza e mi ha chiesto se poteva venire a dormire con me. Le ho detto di sì e così siamo andate a letto. – Va tutto bene, Boob? – le ho domandato. Lei ha fatto segno di sì e non ha detto più niente e allora ho capito che non era vero. Di solito mi tiene sveglia quasi tutta la notte a parlare se appena può, ma non l’altra sera. Era così bollente che mi sembrava di avere nel letto un cucciolo grasso. Di notte continuavo a spingerla via ma lei continuava a tornarmi vicino. Povera Boob.
Comunque, questo è quello che è successo ieri. Oggi tutti hanno fatto finta di niente, quindi per il momento non mi preoccupo di dover traslocare. Non voglio preoccuparmi. Forse domani non ti scriverò. È meglio aspettare e stare a vedere cosa succede.
1°marzo
Non è ancora successo niente, Anne, quindi ho pensato di scriverti prima che ti dimentichi che esisto. Mamma e papà non hanno più parlato di traslocare, forse c’era qualcosa che li preoccupava e si sono messi in agitazione. Fanno sempre così. Si preoccupano da morire e poi fanno finta che non sia successo niente, come se andasse tutto bene. Da piccola ci stavo male ma ormai ci ho fatto il callo. La povera Boob invece, che non c’è abituata, da quando ci hanno tenuto quel discorso non sta bene o almeno dice di non star bene anche se a me sembra stia benissimo. Mi sa che si è messa in agitazione da sola. Meno male che io resto calma. Qualcuno dovrà pur mantenere la calma in questa casa. Per stasera non c’è altro da dire, Anne, quindi ’notte.
2marzo
Ieri sera Katherine si è fermata a dormire e dopo mangiato abbiamo guardato una cassetta. Lei voleva vedere Fantasia e così abbiamo fatto. Le piace proprio anche se secondo me per la maggior parte è una gran stupidata. Il pezzo col diavolo alla fine è ottimo ma poi ridiventa una scemenza. Ci siamo divertite. Katherine è una forza quando non siamo a scuola e non c’è Lori di mezzo. Non so perché ma è come se fosse meno nervosa in un certo senso. Finito il film siamo andate nella mia stanza e ci siamo preparate per andare a letto. Mentre Katherine si infilava il pigiama ho visto che aveva un bel livido sul sedere. – Cosa ti sei fatta? – le ho chiesto. – Sono caduta – ha detto lei. – Non ti fa male? – Non tanto – mi ha risposto. Prima avevo notato che invece di mettersi comoda sul divano si teneva su appoggiandosi sulle gambe. Quando ho visto il livido ho capito perché. Dev’essere stata proprio una brutta botta.
Le ho chiesto se voleva che mi mettessi per terra ma lei ha risposto che voleva dormire insieme a me e mi ha fatto piacere, così le ho detto accomodati. Siamo state un bel po’ a chiacchierare. Prima ho parlato quasi sempre io, anche se quando siamo da sole Katherine non è così silenziosa come quando ci sono i suoi o Lori oppure siamo a scuola. Abbiamo parlato dei prof e di certe ragazze che conosciamo, per esempio Icky Betsy. Le ho raccontato che mamma e papà dicono che forse traslochiamo anche se io non ci credo perché probabilmente è tutta una storia che si sono inventati. Quando ero in quarta la mia prof d’inglese, Miss Wisegarver, mi ha detto che avevo una gran fantasia e io le ho risposto che era inevitabile, è una dote di famiglia. Però almeno io lo so se una cosa è vera o no, e a volte penso di essere l’unica a capire la differenza in questa famiglia di matti.
Comunque dopo un po’ io e Katherine ci siamo messe a giocare a far finta. Ci siamo abbracciate strette come in un sacco a pelo. – Facciamo finta che avevi una famiglia immaginaria – ha cominciato lei. – Com’era?
– Abitavamo nel Vermont – ho risposto. – Papà scrive in casa e la mamma è straordinaria, dolcissima, e si occupa tutto il tempo di noi. È come una di quelle signore gentili della Junior League. Ho tre o quattro fratellini con la zazzera. Stiamo in una grande casa con tanti camini e quattro colonne bianche all’entrata.
– Sarebbe bello – ha detto Katherine. Suo padre fa l’investitore, lavora per una banca del centro. Abitano su Park Avenue all’altezza della Settantottesima Strada. Non vado spesso a casa loro perché Katherine dice che i suoi non vogliono troppo rumore.
– Tocca a te – ho detto. – Facciamo finta che avevi una famiglia immaginaria. Com’era?
– Se ne stanno in camera loro e io nella mia – mi ha risposto. – Passo tutto il tempo a leggere e ogni tanto guardo la tv. Papà lavora all’estero e la mamma gli telefona nel weekend. Lui torna a casa solo una volta all’anno. Ho tre sorelle più grandi, tutte bellissime, che mi adorano. Facciamo finta che avevi un ragazzo. Com’era?
– Non avrò mai un ragazzo – ho detto io.
– Invece sì – fa lei. – Com’è?
– Non troppo alto, con la barba e gli occhiali. Se gli chiedo di portarmi una cosa me la porta sempre.
– Ma è tuo padre – ha detto Katherine mettendosi a ridere.
– Non è vero – ho risposto io. – Facciamo finta che tu avevi un ragazzo. Com’era?
– Ha i capelli biondi ed è carinissimo. Porta i calzoncini da ciclista. Sa nuotare benissimo e mi invita fuori a cena tutte le sere. Si ricorda sempre il mio compleanno.
– E si chiama Corey – ho detto io. Ridevo.
– Invece no – ha risposto Katherine. – Si chiama Paul.
– Facciamo finta che potevi andare dove vuoi – ho detto. – Dove andresti?
– Non lo so – mi ha detto. Abbiamo intrecciato le gambe. Si stava bene, al caldino. – Non lo so dove andrei. Via…
– In Florida? – Mi ha fatto segno di no. Katherine e i suoi vanno in Florida tutti gli anni. – Se io potessi andare dove voglio, andrei in Europa. Mi piacerebbe vedere da dove venivano i miei nonni – ho detto.
– Da dove venivano? – mi ha chiesto Katherine.
– Da Praga – ho risposto. – Mi piacerebbe andare a Praga. E adesso?
Katherine si è girata sulla schiena e ha piegato le ginocchia come per fare gli addominali. – Lo, – mi ha detto – facciamo finta che eri un ragazzo e mi violentavi.
– Perché dovrei violentarti? Che cosa orribile da dire – faccio io. – Dai, facciamo finta – ha insistito lei. – Se fossi un ragazzo mica ti violenterei, – le ho risposto – perché dici queste cose? – E così che fanno – ha detto. – Non voglio giocarci, Kat. Adesso è meglio che dormiamo. – Mi è venuta vicina rimettendosi su un fianco. – Se russo picchiami – ha detto. – Ti prenderò a calci – ho risposto io. – Ok.
Ho fatto fatica a addormentarmi e sono rimasta per un bel po’ a pensare a quello che mi aveva detto perché non mi andava giù. Far finta di essere un maschio non mi dispiace, mi sa che sarei meglio di tanti, però violentare una ragazza è una cosa brutta e non capisco perché voleva fare quel gioco. Delle volte Katherine è proprio strana. Non ha russato per niente e non so chi le ha messo in testa quell’idea. Così sono rimasta per un bel po’ ad ascoltare Boob che parlava nel sonno nella camera vicina e mi sarebbe piaciuto essere da sola perché mi sarei alzata a scriverti, Anne. Comunque meglio tardi che mai.
3marzo
Mi sono venute le mie cose e insieme è arrivato anche il mal di pancia. Però il primo giorno è il peggiore ed è una consolazione perché almeno so che domani mattina quando mi sveglio starò già meglio. Hanno cominciato a venirmi solo l’anno scorso, ma io mi sono già stufata. La mamma dice: – Oh tesoro, è una bella piaga per noi povere donne, ma cosa vuoi farci? – Quando mi vengono mi sembra sempre di puzzare, mi spuntano i brufoli e lo so che ho una faccia strana. I documentari che ti fanno vedere ti spiegano tutto ma nessuno ti racconta quanto si sta male. Io però ho avvertito Boob perché dice che anche lei vuole avere le mestruazioni. È quello che pensi adesso, le ho detto io, ma lei mi ha risposto: – Tu le vuoi avere tutte per te. Invece le voglio anch’io. – Boob è completamente matta. Continua a mettersi il suo Piccolo Feto appena torna da scuola, mi sa che sarebbe ora di lavarlo.
Oggi a storia Katherine si è rimessa a comportarsi in un modo strano. Io e Lori l’abbiamo salutata e lei è diventata rossa ed è scappata via. Secondo me pensa che io sia arrabbiata perché l’altra sera mi ha chiesto di far finta di essere un ragazzo. È ridicolo, ma non si può mai dire cosa pensano le persone, Anne. Tanto prima o poi le passa.
A pranzo Lori deve aver fumato un’altra volta. Le ho sentito addosso l’odore di fumo quando l’ho vista, allora gliel’ho chiesto, ma lei ha detto di no. Non mi importa se fuma o no, solo che se la ribeccano finirà in un sacco di guai. Ho sentito che quando ti scoprono a fumare per la seconda volta ti sospendono: i suoi genitori la ucciderebbero. Lori dice che negli ultimi tempi le stanno addosso per un sacco di cose, quali cose però non lo dice. A sentire papà dovrebbero spedirla in collegio, ma non parla sul serio perché lo dice sempre anche di noi e noi non ci crediamo.
Nell’ora di musica abbiamo ascoltato Ralph Vaughan William, che si pronuncia Raaf e non Ralph. Ci hanno fatto sentire The Lark Ascending. È una musica così bella e così triste. Mi piacerebbe che la suonassero al mio funerale mentre la gente piange: diventeranno tutti ancora più tristi e sentiranno ancora di più la mia mancanza.
Chiuso col Silas Marner finalmente. Schifo!
Per ora è tutto, Anne.
4marzo
Il tempo è stranissimo. Oggi siamo arrivati a più di trenta gradi. Nel pomeriggio faceva così caldo che uscite da scuola io e Lori siamo andate a prendere un frullato nel nostro locale preferito sull’angolo tra Lexington e l’Ottantatreesima. È un caffè molto vecchio, esiste da un centinaio d’anni, mi pare, e noi ci divertiamo moltissimo ad andarci. Be’, Anne, eravamo lì sedute quando indovina un po’ chi entra… Mimsy Porter. Prima veniva a Brearley ma adesso va a Chapin, l’hanno buttata fuori da Brearley perché aveva dei pessimi voti e suo padre non conosceva nessuno a cui attaccarsi.
Ti spiego come funziona con le scuole perché altrimenti rischi di non capirci niente. Le stupide vanno a Chapin. Non è che sono proprio stupide ma più stupide di quelle che vanno a Brearley. Le ragazze di buona famiglia vanno a Spence. Per andare a Dalton non è indispensabile essere intelligenti ma ci vogliono i soldi. Quelle che vanno a Marymount sono così stupide che non ce la fanno neanche coi corsi di recupero. Quelle delle altre scuole naturalmente dicono che Brearley è un posto di lesbiche ma è solo perché sono invidiose ed è normale visto che la nostra scuola è in assoluto la migliore.
Comunque Mimsy arriva tutta leccata con un vestito nuovo e le sue belle scarpe di vernice. Viene al nostro tavolo e comincia a comportarsi tipo ballo delle debuttanti. Si mette a dire: oh che piaceeere vedervi ma come state. Io la trovo irritante e vuota come una zucca ma riesco ancora a sopportarla, Lori invece non la regge. – Come ti va, Mim? – le fa. Da faaaavola, dice Mimsy. Era così gonfia e tronfia che non so come ha fatto a entrare dalla porta. Comunque Lori le chiede: – Che corsi fai? – e senza lasciarle il tempo di rispondere continua: – Aborto per principianti? Come diventare puttane? – Ma cosa diiici, fa Mimsy. – Vi danno tanti compiti? – Allora Mimsy ha capito che Lori la prendeva in giro e puoi immaginarti come le ha risposto. Lori si è messa a ridere e ha detto: – Sparisci, qualcuno potrebbe pensare che ti conosciamo. – Mimsy sembrava a un pelo dal mollarle una sberla, ma Lori è più grossa di lei così ha fatto dietrofront e si è fiondata fuori ed è finita lì. – Perché sei stata così cattiva Lori? – le ho chiesto. – È una sciocca ma non c’era bisogno di essere così cattivi.
– Invece sì. Se la dà tanto che mi fa impazzire – mi ha risposto Lori. – Neanche la pagassero per andare a Chapin.
– Non vale la pena di arrabbiarcisi, – le ho detto – io la penso così.
– Sai l’anno scorso, alla festa con i ragazzi di Walden, – mi fa lei – se l’è data per farsela con uno di loro. Me l’hanno raccontato dopo.
– Come hai fatto tu con Simon? – le ho chiesto. Lori si è arrabbiata ma non mi ha detto niente, perché lo sa che mi so difendere meglio di Mimsy e Katherine. Lori è un po’ prepotente ma è una delle mie due migliori amiche fin dalla prima. Eppure all’inizio ci odiavamo. Una volta stavamo lavorando con la creta e io avevo fatto una pentola con dentro la figurina di una persona. Lei mi ha chiesto chi era e io le ho risposto: – Sei tu. È un orco in pentola. Sto facendo lo stufato d’orco. – Lori mi ha dato una sberla e io gliel’ho restituita e così ci siamo trovate a picchiarci in mezzo alla classe. Ma quando siamo uscite dall’ufficio del preside abbiamo fatto la pace e da allora siamo ottime amiche. Io, Lori e Katherine abbiamo fondato il Clan degli Orchi anche se non siamo più tremende come una volta, tranne Lori naturalmente.
Alla tv stasera hanno fatto vedere il presidente in riunione con i ministri. L’ho guardato bene e ha la stessa faccia della mamma. Mica perché si assomigliano, è che ogni tanto dietro la sua espressione c’è il vuoto: secondo me prende anche lui lo Xanax.
6marzo
Anne, mi dispiace di non essere diligente come dovrei nello scriverti tutti i giorni, ma lo sai com’è: con tutte le distrazioni che ci sono, tipo genitori, sorelle e scuola. A volte non mi resta proprio tempo per me! Cercherò di migliorare.
Però capita anche che non ci sia molto da raccontare. Papà ha annunciato che ha una nuova idea: ci lavora da due giorni ma non vuol dire ancora di cosa si tratta. Dice sempre che porta sfortuna parlare di quello che si sta scrivendo prima di aver finito, tranne che con le persone con cui si lavora e qualche volta neanche con loro. La mamma ha com [...]
