Запрещенные - Owen Jones - E-Book

Запрещенные E-Book

Owen Jones

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Beschreibung

Хэнг Ли внезапно начинает чувствовать себя очень странно, поэтому он звонит, чтобы увидеть местного шамана, который оказывается его тетей. Она проводит несколько анализов и решает, что у Хэнга нет крови, но как он расскажет своей семье и что они будут с этим делать?

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GLI ESCLUSI

Il Divertente Racconto Di Una Famiglia Di Vampiri Contemporanea

Autore

Owen Jones

Tradotto da

Caterina Magnanelli

Copyright Owen Jones, 14 diciembre 2020

INDICE

DEDICA

INDICE

Contatti:

1. IL MALANNO DEL SIGNOR LEE

2. IL DILEMMA DELLA FAMIGLIA LEE

3 HENG IL PEE POB

4. VERSO LA GUARIGIONE

5. È UN UOMO? È UN UCCELLO? NO! È HENG!

6. HENG TORNA AL LAVORO

7. HENG AMPLIA LA SUA DIETA

8. ESPERIMENTI

9. OSPITI

10. UN NUOVO BUSINESS FAMILIARE

11. UN SENTIERO PER GLI HIPPY

12. UN GIORNO DI PAUSA

13. BATMAN E BATGIRL

14. LA COMUNITÀ DI PIPISTRELLI CRESCE

15. IL PRIMO CONSIGLIO DI PIPISTRELLI

GLOSSARIO

L’AUTORE

Il Giglio de Tigre di Bangkok

Capitolo 1: SABATO SERA

Il diritto di Owen Jones di essere identificato come l'autore di questa opera è stato asserito in conformità alle sezioni 77 e 78 del Copyright Designs and Patents Act1988. Il diritto morale dell'autore è stato asserito.

In questo romanzo di fantasia i personaggi e gli eventi narrati, a eccezione chiaramente di quelli di dominio pubblico, sono fittizi e ogni somiglianza con persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale.

Pubblicato da Megan Publishing Service

http://meganthemisconception.com

Tutti i diritti sono riservati

Titolo dell’originale inglese:

THE DISALLOWED

A Humorous Tale of a Contemporary Vampire Family

DEDICA

Questo libro è dedicato ai miei amici Lord David Prosser e Murray Bromley, che nel 2013 hanno aiutato me e la mia famiglia thailandese più di quello che possano immaginare.

Il Karma ripagherà tutti allo stesso modo.

INDICE

1 Il Malanno Del Signor Lee

2 Il Dilemma della Famiglia Lee

3 Heng Il Pee Pob

4 Verso La Guarigione

5 È Un Uomo? È Un Uccello? No! È Heng!

6 Heng Torna Al Lavoro

7 Heng Amplia La Sua Dieta

8 Esperimenti

9 Ospiti

10 Un Nuovo Business Familiare

11 Un Sentiero Per Gli Hippy

12 Un Giorno Di Pausa

13 Bat Man e Bat Girl

14 La Comunità Di Pipistrelli Cresce

15 Il Primo Consiglio Di Pipistrelli

Glossario

L’Autore

Il Giglio Tigre Lily di Bangkok

Contatti:

http://facebook.com/angunjones

http://twitter.com/lekwilliams

[email protected]

http://owencerijones.com

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1. IL MALANNO DEL SIGNOR LEE

Il Signor Lee o, come conosciuto da quelle parti, il Vecchio Lee, da qualche settimana si sentiva strano e, siccome la comunità era piccola e isolata, tutti se ne erano accorti. Aveva sentito il parere del dottore locale, uno di quelli di vecchio stampo non di quelli moderni laureati in medicina, il quale gli aveva confermato che la temperatura corporea non era nella norma, perché c’era qualcosa nel sangue che non andava.

La donna, la Sciamana locale, nonché zia del Signor Lee, non era ancora certa della causa, ma gli promise che, se le avesse lasciato qualche campione da poter studiare, l’avrebbe scoperta nel giro di ventiquattr’ore e che poi lo avrebbe mandato a chiamare. La Sciamana gli porse un ciuffetto di muschio e una pietra.

Lee sapeva cosa fare, perché lo aveva fatto altre volte; così urinò sul muschio e sputò tutta la saliva che aveva in bocca sulla pietra. Li restituì con fare solenne alla donna che, facendo attenzione a non toccarli con le mani nude per non contaminarli, li avvolse separatamente in foglie di banano per preservarne l’umidità il più a lungo possibile.

“Diamogli un giorno per marcire ed essiccare, poi li studierò attentamente e cercherò di capire cosa c’è che non va in te”.

“Grazie, Zia Da, anzi, Sciamana Da. Aspetterò con ansia la tua chiamata e verrò qui immediatamente”.

“Aspetta qui, figliolo, non ho ancora finito con te”.

Da si girò e prese un barattolo in terracotta dallo scaffale dietro di sé. Lo stappò, prese due bocconi e sputò l’ultimo addosso al Vecchio Lee. Mentre Da innalzava un canto di preghiera ai suoi dei, il Signor Lee pensò che la zia si era dimenticata di dargli una pulita: odiava che qualcuno gli sputasse addosso, specialmente se quel qualcuno erano vecchie donne con denti marci.

“L’alcol spray e la preghiera ti aiuteranno ad andare avanti finché non riusciremo a sistemarti come si deve”, gli garantì.

La Sciamana Da si alzò dalla posizione del loto che aveva assunto sul terreno del suo santuario medico, mise un braccio attorno alle spalle del nipote e lo accompagnò fuori mentre si rollava una sigaretta.

Una volta usciti, la accese e aspirò profondamente lasciando che il fumo le riempisse i polmoni. “Come stanno tua moglie e i tuoi adorabili figli?”

“Oh, loro stanno bene, Zia Da, ma sono un po’ preoccupati per la mia salute. Ultimamente mi sento un po’ malandato e, come ben sai, in vita mia non sono mai stato male”.

“No, noi Lee siamo molto forti. Tuo padre, il mio caro fratello, sarebbe ancora in formissima se non fosse morto di influenza. Era forte come un bisonte. Tu hai preso da lui, ma a lui non hanno mai sparato. Penso che ciò che ti ha indebolito sia stata la pallottola di quello Yankee”.

Avevano avuto questa discussione un sacco di volte, ma Lee non era mai riuscito a vincerla, così annuì semplicemente, allungò a sua zia un Baht da cinquanta e prese la via di casa, la sua fattoria, che si trovava a circa un centinaio di metri fuori del villaggio.

Si sentiva già meglio, così aumentò il passo per dimostrarlo a tutti.

Il Vecchio Lee riponeva piena fiducia nella sua vecchia Zia Da, come tutti i membri della comunità, un piccolo villaggio di circa cinquecento case e qualche dozzina di fattorie intorno ad esso. Sua Zia Da aveva preso il posto di Sciamano del villaggio quando lui era ancora un bambino e c’erano solo poche persone che ricordavano quello precedente. Anche loro non avevano mai avuto un medico qualificato.

Ciò non significava che gli abitanti del villaggio non potessero andare da un vero dottore, ma questi erano pochi e lontani: il medico ufficiale più vicino si trovava ‘in città’, quindi a settantacinque chilometri da lì, e non c’erano autobus, taxi o treni tra le montagne in cui vivevano, nel punto più remoto a nord-est della Thailandia. Inoltre, i dottori erano cari e prescrivevano medicine costose, e si riteneva che ci guadagnassero commissioni molto alte. C’era una clinica anche qualche villaggio più in là, ma l’unico personale di cui era fornita era un’infermiera full-time e un medico part-time che lavorava un giorno ogni due settimane.

Gli abitanti del villaggio come il Signor Lee pensavano che questi specialisti probabilmente andavano bene per i ricchi abitanti di città, ma non erano molto utili a quelli come loro. Come poteva un contadino assentarsi per un giorno intero e assumere qualcuno con una macchina per andare in città da un dottore? Un mezzo si poteva anche trovare, ma nel raggio di dieci chilometri c’erano solo pochi vecchi trattori.

No, pensò, la sua vecchia zietta andava benissimo per tutti e andava bene anche per lui; inoltre, non aveva mai fatto morire né ucciso nessuno, a meno che non fosse giunta la sua ora. Tutti potevano giurarlo.

Tutti.

Il Signor Lee era molto orgoglioso di lei e, in ogni caso, non c’erano molte alternative nel raggio di chilometri, certamente nessuno con tutta quella esperienza, tutti quegli anni di …? Beh, nessuno sapeva quanti anni avesse in realtà, nemmeno lei lo sapeva, ma, probabilmente, i novanta li aveva passati da un bel po’.

Con questi pensieri che gli giravano in testa raggiunse il cortile di casa. Voleva discutere la questione con la moglie, perché, sebbene per il mondo esterno lui fosse il capo famiglia, così come doveva essere, lo era solo in apparenza, poiché, in realtà, ogni decisione veniva presa dalla famiglia intera, per lo meno da tutti gli adulti.

Questo stava per diventare un giorno importantissimo, perché la famiglia Lee non aveva mai avuto una ‘crisi’ prima d’ora. Addirittura, anche i loro due figli, che ormai non erano più bambini, avrebbero avuto il permesso di dire la loro.

La storia stava per essere scritta e il Signor Lee ne era alquanto consapevole.

“Mad!”, chiamò, con il nomignolo dato alla moglie quando ancora il primogenito non riusciva a dire ‘Madre’. “Mad, ci sei?”.

“Sì, sono qui fuori”, rispose dal retro.

Il Signor Lee aspettò che la moglie tornasse dal bagno, ma dentro casa era caldo e molto umido, così tornò nel cortile e si sedette sul largo tavolo con il tetto fatto di erba dove tutta la famiglia mangiava e dove ci si poteva riposare durante il tempo libero, se solo lo avessero avuto.

Il vero nome della Signora Lee era Wan, ma suo marito l’aveva soprannominata affettuosamente Mad quando il figlio maschio, da piccolino, l’aveva chiamata così; questo nome rimase impresso al Signor Lee, ma non ai figli. Ad ogni modo, Wan veniva dal villaggio di Baan Noi, così come il marito, ma la sua famiglia non si era mai allontanata da lì, mentre quella del suo sposo era migrata dalla Cina due generazioni prima, sebbene la loro città natale non fosse poi così lontana.

Wan aveva i tratti tipici delle donne del posto. Ai suoi tempi era un bella ragazza, ma all’epoca alle signorine non venivano concesse chissà quali opportunità e non venivano nemmeno incoraggiate a essere ambiziose. Non che le cose siano cambiate molto per la figlia venti anni dopo. Wan era contenta di cercare un marito dopo aver lasciato la scuola, così, quando Heng Lee le chiese la mano e mostrò ai suoi genitori il compenso economico che aveva in banca, lei pensò che fosse un buon partito, alla pari di tutti gli altri ragazzi della zona che potevano chiederle la mano. Inoltre, non aveva nessun desiderio di allontanarsi dalle sue amiche e dai suoi legami più stretti per andare a vivere in una grande città e ampliare i propri orizzonti.

Alla fine, era riuscita anche ad amare Heng Lee in un modo tutto suo, sebbene la fiamma si fosse spenta da un po’ e ora fosse più un socio in affari che una moglie nell’azienda di famiglia destinata alla reciproca sopravvivenza e a quella dei due figli.

Wan non era mai andata in cerca di un amante, anche se aveva ricevuto diverse richieste sia prima che dopo il matrimonio. All’epoca si sentì indignata, ma ora ripensava a quei momenti con tenerezza. Heng era stato il primo e l’unico, e ora sarebbe sicuramente stato l’ultimo, ma lei non se n’era mai pentita.

Il suo unico desiderio era potersi prendere cura dei nipoti che col tempo i suoi figli le avrebbero dato. Certamente, non voleva che si buttassero a capofitto in un matrimonio come aveva fatto lei, specialmente la femmina. Era sicurissima che prima o poi avrebbero avuto dei figli, anche perché era l’unico modo per assicurarsi un po’ di stabilità finanziaria per quando sarebbero stati vecchi e, inoltre, per avere la possibilità di incrementare la propria condizione familiare.

La Signora Lee aveva a cuore lo stato e l’onore della sua famiglia, ma di beni materiali ne aveva già a sufficienza. Aveva vissuto per così tanto tempo senza avere nulla che ormai non le importava più.

Aveva già un cellulare e una televisione, anche se il segnale era molto debole. Non poteva fare altro che aspettare che il governo venisse ad aumentare la potenza delle trasmittenti locali; cosa che avrebbe sicuramente fatto nel giro di poco tempo. Wan non voleva una macchina, perché non voleva andare da nessuna parte e, comunque, le strade erano dissestate.

Ma non era solo questo: le persone della sua età e della sua posizione sociale avevano sempre considerato la macchina come un bene totalmente al di fuori della loro portata, perciò avevano smesso di desiderarla decenni prima. In altre parole, lei era contenta della bicicletta e del vecchio motorino che formavano la rimessa della loro famiglia.

La Signora Lee non desiderava più nemmeno oro e bei vestiti: crescere due bambini con uno stipendio da contadino aveva annullato quei sogni molti anni prima. Malgrado ciò, Wan era una donna felice che amava la propria famiglia e si era rassegnata a quella vita, finché un giorno Buddha non l’avrebbe chiamata di nuovo a casa.

Il Signor Lee guardò sua moglie procedere verso di lui, mentre era intenta ad aggiustarsi qualcosa sotto il suo sarong; suppose che dovesse sistemarsi, perciò non chiese niente. Lei si sedette sul bordo del tavolo e mosse le gambe verso l’alto per poi sedersi come la una sirena sulle rocce delle coste danesi.

“Bene, che cosa ti ha detto quella vecchia befana?”

“Oh, su, Mad, non è poi così male! È vero che voi due non siete mai andate d’accordo, ma è così che va a volte, no? Lei non ha mai detto una brutta parola su di te, infatti, proprio mezz’ora fa mi stava chiedendo della salute tua … e di quella dei ragazzi”.

“A volte sai essere proprio sciocco, Heng. Lei dice cose carine a me e su di me quando ci sono altre persone ad ascoltare, ma appena rimaniamo da sole mi tratta come spazzatura e lo ha sempre fatto. Mi odia, ma è troppo subdola per fartelo vedere, perché sa che prenderesti le mie difese e non le sue. Voi uomini pensate di sapere come va il mondo, ma non vedete quello che accade sotto i vostri occhi.

“Negli anni mi ha accusato di ogni sorta di cose: che non tenevo la casa pulita, che non lavavo i bambini, e una volta mi ha anche detto che il mio cibo puzzava come se avessi usato gocce di capra per insaporirlo!

“Bah, non sai neanche la metà delle cose che mi dice e non mi credi uguale, come potresti credere a tua moglie? Sì, puoi anche sorridere, ma, fattelo dire, non è stato molto divertente in questi ultimi trent’anni. Ad ogni modo, che cosa ti ha detto?”

“Niente, davvero, era solo un controllo, quindi la solita vecchia routine. Sai, fare pipì su un po’ di muschio, sputare su una pietra, poi farti spruzzare l’alcol da quella vecchia bocca sdentata. Mi fa rabbrividire il solo pensiero. Ha detto che mi farà sapere qualcosa domani, quando potrà darmi i risultati.

“Dove sono i ragazzi? Non dovrebbero essere qui e prendere parte alla discussione?”

“Non penso proprio. Dopotutto, non sappiamo ancora niente, giusto? O ti sei fatto qualche idea?”

“No, penso che dovrei farmi fare un massaggio da quella ragazza cinese … quello potrebbe aiutarmi se le chiedessi di andarci piano. Ha acquisito le sue competenze nel nord della Thailandia, perciò può essere abbastanza brusca … o almeno così dicono. Sai, con i miei malanni, potrebbe giovarmi un bel massaggio delicato … che cosa ne pensi, mia cara?”

“Sì, so cosa vuoi dire con ‘massaggio delicato’. Se è questo il problema, perché non chiedi a tuo zio di fartelo? Perché scegliere una ragazza?”

“Lo sai il perché, non mi piace avere le mani di un uomo addosso, te l’ho spiegato altre volte, ma va bene, se ti dà fastidio, non farò il massaggio”.

“Guarda che non ti sto dicendo che non puoi andare! Santo cielo, non posso mica fermarti! Comunque sia, come dici tu, dicono che sia piuttosto brusca e potrebbe fare più male che bene. Penso che sarebbe più saggio non andarci finché non avremo avuto notizie da tua zia, tutto qui”.

“Sì, d’accordo, probabilmente hai ragione. Non mi hai ancora detto dove sono i ragazzi”.

“In realtà, non ne sono sicura, pensavo che a quest’ora sarebbero tornati … Sono usciti insieme per vedere qualcosa per una festa di compleanno che hanno questo fine settimana, o qualcosa del genere”.

I Lee avevano due figli, un maschio e una femmina, e si ritenevano fortunati, perché ci avevano provato per dieci anni prima che venisse concepito il maschio. Ora avevano rispettivamente venti e sedici anni, quindi il Signore e la Signora Lee avevano rinunciato da un pezzo ad averne altri.

Avevano smesso di provarci anni fa.

I due erano bravi ragazzi, ubbidienti e rispettosi, e rendevano orgogliosi i genitori, o, per lo meno, quello che sapevano di loro li rendeva orgogliosi, perché erano esattamente come qualsiasi altro adolescente che si rispetti: novanta percento buoni, ma con qualche dispetto e pensiero segreto che i loro genitori non avrebbero approvato.

Il Signorino Lee, il figlio, di nome Den, o conosciuto anche come Giovane Lee, aveva appena compiuto vent’anni e aveva finito la scuola da quasi due. Lui, così come la sorella, aveva avuto un’infanzia felice, ma aveva iniziato a rendersi conto che suo padre aveva pianificato una vita molto dura per lui, benché avesse sempre lavorato sia prima che dopo la scuola. Però, prima c’era anche tempo per il calcio, il ping pong e le ragazze al ballo della scuola.

Ora era tutto finito, così come era finita la sua prospettiva di avere una vita sessuale, non che ci fosse mai stato molto di cui vantarsi, a parte qualche raro bacio e qualche toccatina. Da circa due anni, però, non era più riuscito a ottenere nulla. Den sarebbe partito per una città in un batter d’occhio, se solo avesse saputo cosa fare quando sarebbe arrivato là, ma non aveva alcuna aspirazione, tranne che avere un mucchio di donne. I suoi ormoni lo stavano scombussolando a tal punto che persino qualche capra gli sembrava molto attraente, cosa che lo preoccupava da morire.

In fondo, ma non troppo, sapeva che avrebbe dovuto sposarsi se avesse voluto avere rapporti regolari con una donna.

L’idea del matrimonio cominciava a sembrare decisamente seducente, anche se gli sarebbe costato qualche figlio.

La Signorina Lee, meglio conosciuta come Din, era una bella ragazza di sedici anni, la quale aveva lasciato la scuola durante l’estate, studiando, perciò, due anni in meno del fratello, cosa abbastanza comune da quelle parti. Non perché fosse meno brillante, ma perché i genitori e le ragazze stesse ritenevano che prima si creavano una famiglia, meglio era. Inoltre, era più facile trovare marito quando una ragazza aveva meno di vent’anni piuttosto che qualche anno in più. Din aveva accettato questo ‘sapere’ tradizionale senza troppe domande, malgrado i dubbi della madre.

Anche lei aveva sempre lavorato sia prima che dopo la scuola e, con tutta probabilità, più duramente del fratello, anche se lui non se n’era mai accorto, dato che, praticamente, le ragazze da quelle parti venivano indirettamente viste come schiave.

Tuttavia, Din a volte fantasticava: sognava un romantico intrico, nel quale il suo innamorato l’avrebbe rapita e portata a Bangkok, dove lui sarebbe diventato un medico e lei avrebbe fatto shopping tutto il giorno con le sue amiche. Anche i suoi ormoni non le davano pace, ma la cultura locale le vietava di ammetterlo, soprattutto a se stessa. Suo padre, suo fratello e persino sua madre, probabilmente l’avrebbero rinchiusa se l’avessero beccata anche solo sorridere a un ragazzo che non fosse appartenente alla famiglia.

Lei lo sapeva e accettava anche questo senza troppe domande.

Era suo il piano di cominciare a cercare marito immediatamente, un compito al quale sua madre si era offerta di aiutare, perché entrambe sapevano che prima veniva portato a termine, meglio era, anche per evitare di portare vergogna alla propria gente.

In fin dei conti, i Lee erano una famiglia tipica del posto ed erano contenti di esserlo. Andavano avanti con le proprie vite tra i vincoli dei costumi locali e il pensiero di ciò che fosse giusto e corretto, anche se i figli covavano il sogno di scappare e raggiungere la grande città. Il problema era che la mancanza di ambizione che era stata coltivata dalla popolazione delle montagne per secoli e secoli li tratteneva, e questa era una buona cosa per il governo, altrimenti tutti i giovani sarebbero scomparsi dalle campagne molti anni prima per poter raggiungere Bangkok e da lì paesi stranieri come Taiwan e Oman, dove gli stipendi erano migliori. Ad ogni modo, la libertà dal rigido condizionamento dei pari era affascinante.

Molte ragazze erano partite alla volta di Bangkok. Alcune avevano trovato un lavoro decente, ma la maggior parte era finita nel giro della prostituzione delle grandi città; altre si erano trasferite all’estero, addirittura anche fuori dall’Asia. C’erano parecchie storie orribili per poter dissuadere le ragazzine e avevano funzionato sia su Din sia su sua madre anni prima.

Al Signor Lee piaceva la sua vita e amava la sua famiglia, anche se non lo avrebbe mai ammesso fuori dai confini della sua abitazione. Non voleva perderli a causa di qualche malattia che poteva aver cominciato a crescere dentro di lui quando era ancora un ragazzo.

Il Vecchio Signor Lee, sebbene sapesse che qualche ragazzetto del villaggio poco rispettoso lo chiamasse Lee il Vecchio Caprone, fu un idealista in giovane età e si era arruolato per combattere con il Vietnam del Nord non appena aveva finito la scuola. Vivevano vicinissimo al confine con il Laos, perciò il Vietnam non era così lontano; inoltre, sapeva delle bombe che gli americani avevano lanciato in quei territori e lui voleva dare il proprio contributo per porre fine alla guerra.

Aveva sposato la causa comunista ed era partito per l’addestramento militare in Vietnam non appena glielo permisero. Molte delle persone con cui si esercitava erano esattamente come lui, in parte cinesi, ma stanchi di potenze straniere che si immischiavano nel futuro dei propri compatrioti. Non riusciva a capire il motivo per cui agli americani, che vivevano a migliaia di chilometri di distanza, importasse chi fosse al governo nella sua piccola parte di mondo. Non si era mai preoccupato di chi fosse il presidente che avevano eletto.

In ogni caso, il destino volle che Heng non avesse mai l’opportunità di sparare un colpo per sfogare la sua rabbia, poiché venne colpito dal frammento di una bomba americana mentre veniva trasportato dal campo di addestramento al campo di battaglia durante il suo primo giorno. Le ferite erano molto dolorose, ma non misero a rischio la sua vita; queste furono, però, sufficienti a farlo congedare per invalidità non appena fu in grado di lasciare l’ospedale. Fu colpito sulla parte superiore della gamba sinistra dal pezzo più grande, ma alcuni più piccoli colpirono l’addome; questi potevano essere la causa del suo malessere attuale. Da qui, nacquero anche tutte quelle dicerie sulla pallottola che lo aveva colpito.

Era tornato a casa zoppicante e con un risarcimento abbastanza buono da poter comprare una piccola fattoria; invece, oltre alla fattoria si comprò un gregge di capre per allevarle e venderle. Un anno dopo, la gamba era tornata come nuova, aveva una masseria ed era sposato con una bella ragazza del posto che conosceva da quando era un ragazzo e che proveniva da una famiglia di agricoltori, con la quale visse una vita povera, ma felice.

Da allora, tutti i giorni della settimana, tranne la domenica, il Signor Lee portava il suo gregge a pascolare sulle montagne e durante l’estate spesso passava la notte in uno dei bivacchi sparsi qua e là che aveva imparato a costruire nell’esercito. Ricordava quei tempi con nostalgia, come giorni felici, sebbene allora non li avrebbe proprio definiti così.

Sulle montagne i predatori erano scomparsi, a parte gli uomini, poiché tutte le tigri erano state uccise tempo addietro per essere utilizzate nella medicina cinese. Il Signor Lee su questo aveva sentimenti contrastanti: da una parte sapeva che era un’infamia, ma dall’altra non aveva alcun desiderio di difendere le capre dalle tigri ogni notte. Prima che la malattia lo colpisse, all’incirca una settimana prima, era stato un capraio per quasi trent’anni, infatti conosceva le montagne come le sue tasche.

Sapeva sia quali zone evitare, poiché ancora ricche di mine e di pacchetti di stricnina lasciati dagli americani negli anni Settanta, sia quali zone erano state liberate, anche se gli artificieri ne avevano mancate una o due, come aveva scoperto una delle sue capre un mesetto prima. Fu una scena tremenda: un sasso, balzando dal suolo, innescò la mina che fece saltare in aria il povero animale, portandogli via la testa. Fortunatamente, morì immediatamente e il suo corpo non andò sprecato, infatti, il Signor Lee era troppo lontano da casa per trascinare la carcassa fino là, perciò decise di passare qualche giorno tra le montagne, abbuffandosi, mentre la sua famiglia era a casa preoccupata da morire.

Il Signor Lee era un uomo soddisfatto. Gli piaceva il suo lavoro e la vita all’aperto, e ormai aveva accettato il fatto che non sarebbe mai stato ricco né avrebbe mai più viaggiato. Per questo, lui e sua moglie erano contenti di aver avuto solo due figli. Li amava entrambi in ugual modo e voleva il meglio per loro, ma era anche contento che avessero lasciato la scuola, così potevano lavorare a tempo pieno nella fattoria, aiutando la madre a coltivare erbe e verdure, e a mantenere tre maiali e qualche dozzina di galline.

Heng pensava a quanto avrebbe potuto espandere la fattoria con un aiuto ulteriore. Magari avrebbero potuto gestire un’altra dozzina di galline, qualche maiale in più e un campo di granturco.

Si risvegliò da questo sogno a occhi aperti: “E se fosse grave, Mad? Non l’ho detto a nessuno prima, ma sono svenuto due volte questa settimana e ci sono andato vicino altre tre”.

“Perché non me lo hai detto?”

“Beh, sai, non volevo farti preoccupare e, comunque, non potevi farci niente, no?”

“No, non personalmente, ma ti avrei portato prima da tua zia e forse avrei cercato di trascinarti da un dottore”.

“Ah, mi conosci, Mad. Ti avrei detto, ‘Aspettiamo di sapere cosa dice Zia Da prima di spendere tutti quei soldi’. Ammetto di sentirmi un po’ strano a volte e sono un po’ spaventato da quello che potrebbe dirmi la zietta domani”.

“Sì, anche io. Ti senti davvero così male?”

“Ogni tanto, ma il fatto è che non ho alcuna energia. Ero solito correre e saltare con le capre, ma adesso mi sento stanco anche solo a guardarle!

“C’è qualcosa, ne sono sicuro”.

“Senti, Paw”, disse, chiamandolo con il nomignolo meno fantasioso che potesse trovare, in quanto significava ‘papà’ in thailandese, “i ragazzi sono al cancello. Vuoi includerli in tutto questo proprio ora?”

“No, hai ragione, non c’è motivo di farli preoccupare adesso, ma penso che Zia Da mi manderà a chiamare domani nel tardo pomeriggio, quindi di’ loro che faremo una riunione di famiglia all’ora del tè e dovranno esserci.

“Ora penso che andrò a letto, mi sento di nuovo stanco. Lo sputacchio della zia mi ha tirato su per un po’, ma l’effetto è esaurito. Di’ ai ragazzi che sto bene, ma chiedi a Den se può portare le capre fuori al posto mio domani, va bene? Non c’è bisogno che le porti lontano, basta giù al fiume, così possono mangiare l’erba e bere … Non gli farà male per un giorno o due.

“E poi, quando hai dieci minuti, potresti farmi un po’ di quel tuo tè speciale, per favore? Quello con lo zenzero, l’anice e il resto … mi tirerà su di morale ... Oh, e qualche seme di melone o di girasole … Magari puoi chiedere a Din di raccoglierli per me?”

“Che ne dici della zuppa? È la tua preferita …”

“Sì, va bene, ma se mi sono addormentato lasciala sul tavolo, la berrò fredda più tardi.

“Ciao, ragazzi, vado a letto presto stasera, ma non voglio che vi preoccupiate, sto bene. Vostra madre vi darà più dettagli. Ho preso solo qualche tipo di infezione, penso. Buonanotte a tutti”.

“Buonanotte, Paw”, risposero, osservandolo ansiosamente. Poi si guardarono l’uno con l’altro; Din sembrava alquanto preoccupata.

Appena il Signor Lee si distese nella tranquilla oscurità, sentì le tempie pulsare ancora più forte, come quando un dente cariato sembra fare più male la notte nel letto, ma era così spossato che si addormentò prima che gli furono portati il tè, la zuppa e i semi.

Fuori, seduti attorno al tavolo nella penombra, il resto della famigliola discuteva sottovoce il malanno di Heng, anche se nessuno avrebbe potuto sentirli se avessero parlato a voce alta.

“Paw morirà, mamma?”, chiese Din quasi in lacrime.

“No, mia cara, certo che no”, ripose, “almeno … non credo”.

2. IL DILEMMA DELLA FAMIGLIA LEE

Secondo il perfetto stile contadino, i componenti della famiglia Lee dormivano tutti insieme nell’unica stanza all’interno della casa: madre e padre avevano un materasso doppio, i ragazzi ne avevano uno singolo per ciascuno e ogni letto era protetto da una zanzariera. Quando si svegliarono, si alzarono in punta di piedi per non disturbare Heng.

Sapevano che c’era qualcosa che non andava, perché solitamente lui era il primo ad alzarsi e uscire, persino nei giorni più freddi. I tre scrutarono preoccupati attraverso la zanzariera il viso pallido cadaverico del capo famiglia, finché Wan disse ai figli di uscire.

“Din, fammi un favore, tesoro. Non mi piace l’aspetto di tuo padre, perciò, fatti una doccia veloce e va’ a sentire se Zia Da sa dirci qualcosa, lo faresti? Brava ragazza. Se non è ancora pronta e siamo in anticipo, chiedile se può fare uno sforzo speciale per il suo nipote preferito, prima che sia troppo tardi, d’accordo?”

Din scoppiò a piangere e corse a farsi la doccia. “Scusa, amore, non volevo turbarti!”, le gridò Wan.

Quando, quindici minuti dopo, arrivò dalla sua prozia, la vecchietta era sveglia e vestita, e sedeva al grosso tavolo davanti alla casa, mangiando una zuppa di riso.

“Buongiorno a te, Din, è bello vederti. Vuoi una tazza di zuppa? È deliziosa”. Da adorava i pronipoti, specialmente Din, ma non appena Din riferì ciò che aveva chiesto Wan, disse che sua madre chiedeva molto per una diagnosi di questo tipo fatta in sole ventiquattr’ore.

“Quella donna! D’accordo, vediamo cosa possiamo fare … Il tuo Paw ha una brutta cera, vero?”

“Sì, Zia Da, è bianco come un cadavere, ma non pensiamo che sia morto ancora … La mamma stava per pungerlo con uno spillo per vedere se reagiva, ma io non ho aspettato. Non voglio che Paw muoia, Zia Da, salvalo, per favore!”

“Farò quello che posso, figliola, ma quando Buddha chiama, non esiste nessuno al mondo che possa dire ‘No’, ma vedremo cosa possiamo fare. Vieni con me”.

Da le fece strada all’intero del santuario, accese una candela e chiuse la porta dietro di sé. Sperava che Din mostrasse interesse in quelle ‘antiche usanze’ mentre era ancora abbastanza giovane da poterle insegnare, perché sapeva che un giorno o l’altro avrebbe avuto bisogno di un successore se il lavoro fosse rimasto all’interno della famiglia Lee.

Indicò il materassino dell’Indagatore sul pavimento dove Din si sedette, dopo di che cominciò a camminare intorno alla capanna mormorando preghiere e incantesimi, e accendendo qualche altra candela, per poi sedersi di fronte a Din, la quale fissava le sue mani intrecciate sul grembo.

Da guardò sua nipote e sentì un leggero tremore correre lungo il corpo, fissò a sua volta le sue mani intrecciate per qualche secondo, poi alzò lo sguardo verso Din.

“Sei venuta qui cercando consigli riguardanti qualcun altro? Per favore, fa la tua domanda”, disse Da, ma con una voce rimbombante, oscura e profonda che nessuno aveva mai sentito al di fuori della capanna.

Questa trasformazione spaventò Din, come accadeva sempre quando sua zia andava in trance e permetteva a un’altra entità di prendere il controllo del suo corpo. Non era tanto il suo volto che cambiava, ma tutto il suo corpo mutava leggermente, come quando un attore o un imitatore modificava i propri atteggiamenti per calarsi nei vari personaggi; però era molto più di questo: sembrava che l’interno di Da fosse stato sostituito con quello di qualcun altro, così che apparisse diversa sia nell’aspetto che nel suono della voce.

Din guardò la vecchia Sciamana, che non era più sua zia.

“Sciamana, mio padre è molto malato. Ho bisogno di sapere qual è la causa e cosa possiamo fare”.

“Sì, tuo padre, quello che chiami ‘Paw’”.

L’entità, che in quel momento sembrava essere un uomo, mise una mano in ognuno dei fagotti che Heng aveva lasciato il giorno prima e fece chiudere gli occhi alla zia. Ci fu quella che a Din sembrò una lunga pausa e un silenzio così profondo che avrebbe giurato di sentire le formiche camminare sul duro pavimento di malta.

Din era già stata a una dozzina di sedute, ma mai per qualcosa di così serio. Una volta voleva sapere di un dolore allo stomaco, qualche anno fa del suo ciclo mestruale, recentemente, invece, aveva chiesto se si sarebbe sposata presto. Non aveva paura della scena, ma dell’esito. Sapeva che poteva solamente rimanere seduta, aspettare e osservare, e questo per lei era affascinante.

La Sciamana scartò lentamente il primo pacchetto contenente la pietra, lo esaminò attentamente, lo annusò e, infine, lo ripose nella foglia di banano. Dopo di che, prese la foglia contenente il muschio e annusò di nuovo, per poi riporlo sul materassino di fronte a lei.

La Sciamana guardò Din con aria grave e, dopo alcuni minuti, parlò.

“Colui di cui sei così preoccupata è molto malato. In realtà, era molto vicino alla morte quando ha generato questi campioni, tuttavia, non se n’è ancora andato … Alcuni dei suoi organi interni, in particolare quelli che riguardano la pulizia del sangue, si trovano in un pessimo stato … Quelli che voi chiamate, credo, ‘kidelies’ in thailandese, hanno smesso di funzionare completamente e il fegato si sta deteriorando rapidamente.

“Ciò significa che la morte è imminente. Non esiste alcuna cura”.

La Sciamana sussultò e riprese le sembianze di Zia Da, la quale batté le ciglia un paio di volte, si contorse un po’ come per mettere un vestito stretto, poi si strofinò gli occhi.

“Non erano buone notizie, vero? Sai che quando sono posseduta non sempre riesco a sentire tutto, ma ho colto qualcosa e, inoltre, percepisco dal tuo volto che tuo padre è messo male”.

“Lo Spirito ha detto che Paw presto morirà perché non esiste alcuna cura per il deterioramento di reni e fegato …”.

“Mi dispiace, Din, sai che tengo molto a tuo padre … Guarda, ti dico una cosa, ho imparato alcuni trucchetti nel corso degli anni oltre alla possessione. Diamo un’occhiata … Sì, la pietra … vedi dove tuo padre ha sputato? Nessun segno! Ciò significa che non ci sono sali nella sua saliva, né minerali, né vitamine, niente, solo acqua.

“Ora, il muschio”, annusò da una certa distanza, poi lo avvicinò al naso. “La stessa cosa! Annusa!”, lo porse a Din, la quale era riluttante ad annusare l’urina di suo padre. “Avanti, non morde mica!”, disse Da. Din lo fece, ma solo perché era obbligata.

“Nessun odore, solo quello del muschio”.

“Esatto! L’urina degli uomini puzza come il piscio di un gatto se la tieni ben chiusa, ma quella del tuo papà no. Ciò significa che non c’è niente che possa deteriorarsi. Di conseguenza, anche il suo sangue è solo acqua.

“Non puoi vivere molto con l’acqua al posto del sangue, no? Ha una logica, giusto? Il sangue trasporta le cose buone in tutto il corpo, ma tuo padre non ce l’ha ed è per questo che è sempre debole!

“Torna a casa immediatamente a prendere il motorino, se non è troppo tardi e se lui è ancora tra noi, poi torna qui e fammi salire. Va’ adesso, svelta!”

Din volò fuori dalla porta e corse a casa.

Mentre Din era via, Da si preparò ad andare, perché, in fondo al cuore, sapeva che il suo Heng non era ancora morto, non del tutto, almeno. Selezionò qualche erba e le mise in una borsa, si sciacquò velocemente il viso e si legò i capelli con un fazzoletto per l’imminente corsa con la motocicletta. Dopo di che, uscì in attesa di sua nipote.

Din arrivò qualche minuto più tardi immersa in una nuvola di polvere.

“Svelta Zia, mamma dice di fare presto, perché sta per andarsene”.

Da cavalcò lo scooter all’amazzone, come si addiceva a una signorina, e insieme partirono. I lunghi capelli di Din frustavano dolorosamente il suo vecchio viso rugoso, mentre lei cercava di scansarli. Non appena arrivarono, Da smontò con l’agilità di una ragazzetta e si introdusse in casa.

“Grazie per essere venuta così rapidamente, Zia Da, lui è nella camera da letto”.

“Sì, immaginavo che fosse a letto e non in mezzo alle sue capre!”, scostò la tenda che riparava dalle zanzare e si sedette sul pavimento di legno, vicino alla sua testa. Come prima cosa guardò la sua pelle, poi i capelli e le labbra e, infine, gli aprì occhi per osservarli.

“Mmm, capisco … mostratemi i suoi piedi!”, Wan accorse a scoprire i piedi del marito e Da si protese per stringerli e vederli più da vicino.

“Mmm, non ho mai visto prima un caso così grave di mancanza di succo nel sangue. Mi daresti il permesso di dire ai tuoi figli cosa fare per un po’? Tornerò presto, tu sistema la testa di tuo marito su alcuni cuscini, manderò Din ad aiutarti mentre Den mi assisterà di fuori”.

“Sì, Zia Da, certo. Tutto per aiutare il mio adorato Heng”.

“Bene, vediamo cosa possiamo fare”, detto questo si alzò e scese al piano terra.

“Din, va’ ad aiutare tua madre, Den, vieni con me, dobbiamo muoverci rapidi e precisi”.

Din raggiunse velocemente sua madre, mentre Den chiese cosa poteva fare per aiutare.

“Vai a prendermi il galletto più forte che avete! Svelto, ragazzo!”

Quando tornò con il pennuto sotto braccio, Da lo prese.

“Ora, lega il caprone più forte a un palo così che non possa muoversi di una virgola; seduto o in piedi, per me è indifferente”.

Den scappò di corsa. Intanto Da si appollaiò sul bordo del tavolo, tagliò la gola al galletto, raccolse il sangue in una ciotola, lanciò il corpo senza vita nel cesto della verdura che si trovava sul tavolo e corse di sopra.

“Din”, disse appena arrivò, “avete del latte di capra o qualsiasi tipo di latte nel frigo? Se non c’è, prendi una brocca e mungine un po’, per favore”.

Non fece in tempo a dirle di sbrigarsi, che già se n’era andata.

“Bene. Wan, è sveglio?”

“Non tanto, Zia Da, metà e metà”.

“D’accordo, tu tappagli il naso, mentre io gli verso questo sangue giù per la gola”. Gli strinse con il pollice e il medio la mascella chiusa in modo da farla aprire, gli spinse indietro la testa e versò un po’ di sangue di pollo giù per la gola del povero malato. Da immaginò che almeno la metà fosse scesa dalla parte giusta, visto che Heng sembrava ingolfato come un’auto a benzina con dentro il diesel.

Heng aprì lentamente gli occhi.

“Voi due vecchie streghe, cosa mi state facendo?”, bisbigliò, “Quella roba era orribile!”

“Ah, immaginavo”, disse Da, facendogliene bere un altro po’, “troppo intenso, deve abituarsi”.

Quando Din arrivò disse: “Latte appena munto, ancora caldo, da Fiore, la nostra capra migliore”.

Da lo prese, lo mischiò con il sangue rimanente e lo fece bere a Heng, ottenendo le stesse lamentele, ma una maggior resistenza da parte del nipote.

“Vedete!”, esclamò, “sta già recuperando le forze! Heng sta lottando, cerca di opporre resistenza. Forse non è ancora tutto perduto!

“Molto bene! Wan, continua con il latte, ma conservane metà. Tornerò tra qualche minuto”.

Uscì e chiamò Den.

“La capra è pronta?”

“Sì, Zia, è là”.

“Bene, vieni con me”.

Da fece un taglietto nella giugulare della capra con un coltellino molto affilato e spillò qualche centinaia di millilitri.

“Vedi come ho fatto, ragazzo? Cerca di ricordartelo, perché penso che da oggi in poi tu debba farlo tutti i giorni”.

Entrambi si diressero di sopra, dove, con stupore, trovarono Heng che parlava con sua moglie e sua figlia, così come parlerebbe un paziente d’ospedale dopo una anestesia totale: intontito, debole e titubante, ma cosciente.

Da mischiò il sangue della capra con il latte rimanente, ma prima gli diede quello puro da assaggiare.

“Oh, Zia, ma è disgustoso! Oh, Buddha …”

“Prova questo allora”, disse porgendo un bicchiere colmo di un liquido rosa.

“Sì, questo non è male … Che cos’è? Sento che mi sta già facendo bene”.

Heng bevve con entusiasmo.

“Questo è … ehm … un frullato con delle erbe. Buono, vero?”

“Sì, Zia, molto buono … molto rinfrescante. Ce n’è ancora?”

Wan guardò la vecchia Sciamana, che annuì. Wan versò un altro bicchiere e aiutò suo marito a bere.

“Oh, Heng, sono contenta”, disse Da, “penso che con questo frullato abbiamo trovato la soluzione al tuo malanno, nonostante ciò sono sicura che possiamo perfezionarlo. Forse potremmo trovare altri ingredienti per cambiare il gusto di volta in volta, sai, altrimenti diventa noioso”.

“Sì, Zia, sapevo che saresti venuta in mio soccorso”.