Accadde a Napoli - Nicola Calemme - E-Book

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Nicola Calemme

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Beschreibung

Dieci racconti, dieci storie di vita ambientate in una Napoli romantica e malinconica di varie epoche. Dieci storie che esprimono chiaramente l’autoironia e il calore tipici del popolo napoletano.

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Nicola Calemme

ACCADDE A NAPOLI

Racconti

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Copyright © 2019

Nicola Calemme

“A mio padre, un uomo che profumava di senso del dovere

 

 

 

 

Femmine e femminielli

 

 

 

 

 

1987

 

I tacchi altissimi a tutte le ore del giorno, in casa una vestaglia di seta color pastello, un filo di trucco nelle ore libere ed un po’ più marcato in quelle di lavoro.

Anita aveva un’eleganza innata, sapeva misurare alla perfezione ciò che meglio le esaltava la figura. La cura del particolare, semplice nella sua complessità, sobria nella sua ostentazione.

Anita, come Anita Ekberg, la musa felliniana della dolce vita che come una nuova venere usciva dalle acque della fontana di Trevi, sua fonte d’ispirazione.

Anita, al secolo Federico Cascio, siciliano traferitosi a Napoli per sfuggire dalle voci del paese natio.

Si era sempre sentito donna Federico, donna in un atletico corpo maschile.

Aveva sempre invidiato le sorelle, aveva sempre sognato avvolto nelle vesti materne e in quei profumi di lavanda e acqua di rose.

Aveva resistito fino ai 22 anni nelle stradine di Altavilla Milicia, nascondendo il suo animo di donna nei jeans e nelle camicie maschili.

Mamma Santina aveva sempre saputo, così come Rosalia e Brigida le due sorelle, mentre papà Giuseppe era volato al cielo prima di scoprire quell’intimo segreto.

Ma il paese NO, il paese non sapeva e non doveva sapere. E allora via.

Via a Napoli, dove nella grande città nessuno avrebbe fatto caso ne a Federico, ne ad Anita.

E allora in un caldo luglio dell’83 il traghetto da Palermo attraccò al molo, ed ebbe inizio la vita di Anita.

Erano passati 4 anni da quel giorno e certamente non era stato tutto rose e fiori ma la libertà di poter essere ciò che si sentiva di essere era impagabile.

Al 3° piano di vico 1° Montecalvario, Anita conviveva con Carolina, giovane salernitana che viveva pulendo le case dei benestanti di Chiaia, con Teresa, quarantenne separata dal marito ma anche e sopratutto dalla insopportabile                per lei vita di casalinga borghese a cui il marito voleva            relegarla, e con la Signora Lia, vedova proprietaria dell’abitazione ben felice di condividerla con questa varia umanità.

«Carolina! Carolina! Carolì ma sei sorda che non rispondi?»

«Scusate signò stavo sovrappensiero.»

«Io non so che stai passando figlia mia. Tu tieni sempre la testa nelle nuvole. Prima ridevi e cantavi una giornata sana sana, adesso, da una settimana a questa parte a parlare col muro si trova più soddisfazione!»

«E si sarà inamorata» rispose Anita nella sua nuvola di profumo e seta. «Quella è giovane e sentimentale e l’amore questo fa, fa volare le cervella nelle nuvole.»

«E scendile a terra queste cervella che tanto gli uomini so’ tutti uguali, prima ti fanno principessa e poi serva» rispose Teresa.

«E No Terè, mica tutti quanti?» arringò signora Lia con l’occhio lacrimoso. «Biagio mio sempre da regina mi ha trattato, fino sul letto ultimo mi disse: “Mi dispiace di morire solo perché non ti vedo più”.»

«Ah l’Amour, l’amour est tres magnifique!» chiosò Anita. «Magari succedesse a me, e invece… con le mogli fanno i principi e con me le bestie. Ci sta uno, un mezzo politico della provincia, che quando parla alla televisione sembra un mezzo prete e poi quando viene da me vuole fare le migliori fetenzie.»

«Pure Gustavo mio marito faceva il principe azzurro, poi, una volta sposato, faceva il dittatore: “Tu non lavori più, tu non esci se non lo dico io, tu a quest’ora devi fare questo e a quest’ora devi fare quest’altro”. Poi quando ho detto no a tutto e mi sono rifiutata di lasciare il posto all’ufficio delle dogane del porto ha cominciato a fare lo sfaticato, il pappone. Io a lavorare e lui a giocare a carte e a vedere il Napoli di Maradona. Ohi né, gli ho detto, beato chi mi campa a me… e allora un bel giorno ho messo tutto dentro una valigia e me ne sono scesa e lui è rimasto lui le carte e le fotografie di Maradona» raccontò Teresa.

«Nè Carolì che hai? Dai racconta che un modo per aggiustare lo troviamo» insistettero le tre quasi all’unisono.

«Ma niente sto solo pensierosa» rispose Carolina con gli occhi bassi.

«Forza nennella mia, adesso ci facciamo una bella tazza di caffè e ragioniamo.»

«E va bene! Voi lo sapete che io faccio servizio a casa della Signora Acunzo, ora la signora abita col marito, il figlio maresciallo dell’aeronautica con la moglie e Francesco lo studente. Francesco è più giovane di me di un anno e studia legge a mezzocannone, sta sempre pieno di appuntamenti e di femmine. Lui parla bene, è sempre gentile, e ha un modo di fare elegante» prese a raccontare Carolina.

«E ti sei fatta prendere dall’eleganza» si inserì Teresa con i suoi modi spicci.

«Eh sì Terè, io poi ero scema, rischiavo di perdere il posto per andare a perdere la testa appresso al futuro avvocato» piccata rispose Carolina.

«Questo, Carolina, femminaro è, lascialo perdere che vizio di natura fino a morte dura» consigliò Anita.

«E allora nennè se l’avvocato non è il problema qual è questo pensiero?»

«Signò, Francesco è il problema, ma non il mio problema. Oh Madonnina mia bella, non so come spiegare. Il fatto è più complicate…»

«Nè Carolì… mi stai facendo fare vecchia» insistette Teresa. «É Francesco, non è Francesco, sei tu, è lui… Insomma?»

«É lui! Ma il problema non sono io. Come vi ho detto, in casa abitano anche il maresciallo Valerio, che ci sta e non ci sta perché col lavoro che fa passa fuori tanti giorni a settimana, e sua moglie Vanessa. Ebbene, Francesco fa il gentile con tutti e la signora Vanessa non fa eccezione. A me pareva sorridesse per cortesia, ma l’altro giorno, quando sono entrata per pulire lo studio del padrone di casa, ho visto Francesco con la signora Vanessa abbracciati, e non era un abbraccio diciamo così… fraterno. Io mo’ non so come regolarmi, perché tanto lo so che se la signora Acunzo se ne accorge se ne cade la casa. Da una parte vorrei dirglielo al signorino che non sta bene quello che sta facendo, ma dall’altra parte mi dico di farmi i fatti miei. Però, povera signora, che situazione, che situazione!»