Rime - Guido Cavalcanti - E-Book

Rime E-Book

Guido Cavalcanti

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Beschreibung

I temi delle opere di Guido Cavalcanti sono quelli cari agli stilnovisti; in particolare gli effetti prodotti dall'amore. La concezione filosofica su cui egli si basa è l'aristotelismo radicale, che sosteneva l'eternità e l'incorruttibilità dell'intelletto possibile separato dal corpo e l'anima sensitiva come perfezione del corpo. Questa concezione filosofica permea la sua poesia senza comprometterne la sua raffinatezza letteraria. Uno dei temi fondamentali è l'incontro con l'amore che conduce al dolore, all'angoscia e al desiderio di morire. La poesia di Cavalcanti possiede accenti di vivo dolore riferiti spesso al corpo e alla persona.

Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante dei Cavalcanti, nacque a Firenze intorno all'anno 1250 in una nobile famiglia guelfa di parte bianca. Nel 1260 Cavalcante, padre del poeta, fu mandato in esilio in seguito alla sconfitta di Montaperti. Sei anni dopo, in seguito alla disfatta dei ghibellini nel 1266, i Cavalcanti riacquistarono la preminente posizione sociale e politica a Firenze.  I componimenti pervenutici di Cavalcanti sono 49, tra cui 36 sonetti, 11 ballate 2 canzoni.

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Rime

 

Giudo Cavalcanti

 

 

RimeGuido Cavalcanti

1300Tutti i diritti di riproduzione, con qualsiasi mezzo, sono riservati.In copertina: “Roses”, Christa Schumacher-Schwarz, freeimages.comPrima edizione italiana:Firenze, 1931

ISBN libro cartaceo: 9781794471320

ISBN ePub: 9788866613732

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rime

 

Giudo Cavalcanti

I

 

 Fresca rosa novella,

 piacente primavera,

 per prata e per rivera

 gaiamente cantando,

05  vostro fin presio mando - a la verdura.

 

 Lo vostro presio fino

 in gio' si rinovelli

 da grandi e da zitelli

 per ciascuno camino;

10  e cantin[n]e gli auselli

 ciascuno in suo latino

 da sera e da matino

 su li verdi arbuscelli.

 Tutto lo mondo canti,

15  po' che lo tempo vène,

 s' come si convene,

 vostr'altezza presiata:

 ché siete angelicata - crïatura.

 

 Angelica sembranza

20  in voi, donna, riposa:

 Dio, quanto aventurosa

 fue la mia disïanza!

 Vostra cera gioiosa,

 poi che passa e avanza

25  natura e costumanza,

 ben è mirabil cosa.

 Fra lor le donne dea

 vi chiaman, come sète;

 tanto adorna parete,

30  ch'eo non saccio contare;

 e chi poria pensare - oltra natura?

 

 Oltra natura umana

 vostra fina piasenza

 fece Dio, per essenza

35  che voi foste sovrana:

 Per che vostra parvenza

 ver' me non sia luntana;

 or non mi sia villana

 la dolce provedenza!

40  E se vi pare oltraggio

 ch' ad amarvi sia dato,

 non sia da voi blasmato:

 ché solo Amor mi sforza,

 contra cui non val forza - né misura.

 

 

II

 

 Avete 'n vo' li fior' e la verdura

 e ciò che luce od è bello a vedere;

 risplende più che sol vostra figura:

04  chi vo' non vede, ma' non pò valere.

 

 In questo mondo non ha creatura

 s' piena di bieltà né di piacere;

 e chi d'amor si teme, lu' assicura

08  vostro bel vis' a tanto 'n sé volere.

 

 Le donne che vi fanno compagnia

 assa' mi piaccion per lo vostro amore;

11  ed i' le prego per lor cortesia.

 

 che qual più può più vi faccia onore

 ed aggia cara vostra segnoria,

14  perché di tutte siete la migliore.

III

 

 Biltà di donna e di saccente core

 e cavalieri armati che sien genti;

 cantar d'augilli e ragionar d'amore;

04  adorni legni 'n mar forte correnti;

 

 aria serena quand' apar l'albore

 e bianca neve scender senza venti;

 rivera d'acqua e prato d'ogni fiore;

08  oro, argento, azzuro 'n ornamenti:

 

 ciò passa la beltate e la valenza

 de la mia donna e 'l su' gentil coraggio,

11  s' che rasembra vile a chi ciò guarda;

 

 e tanto più d'ogn' altr' ha canoscenza,

 quanto lo ciel de la terra è maggio.

14  A simil di natura ben non tarda.

 

 

IV

 

 Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira,

 che fa tremar di chiaritate l'àre

 e mena seco Amor, s' che parlare

04  null'omo pote, ma ciascun sospira?

 

 O Deo, che sembra quando li occhi gira,

 dical' Amor, ch'i' nol savria contare:

 contanto d'umiltà donna mi pare,

08  ch'ogn'altra ver' di lei i' la chiam' ira.

 

 Non si poria contar la sua piagenza,

 ch'a le' s'inchin' ogni gentil vertute,

11  e la beltate per sua dea la mostra.

 

 Non fu s' alta già la mente nostra

 e non si pose 'n noi tanta salute,

14  che propiamente n'aviàn conoscenza.

 

 

V

 

 Li mie' foll' occhi, che prima guardaro

 vostra figura piena di valore,

 fuor quei che di voi, donna, m'acusaro

04  nel fero loco ove ten corte Amore,

 

 e mantinente avanti lui mostraro

 ch' io era fatto vostro servidore:

 per che sospiri e dolor mi pigliaro,

08  vedendo che temenza avea lo core.

 

 Menàrmi tosto, sanza riposanza,

 in una parte là 'v' i' trovai gente

11  che ciascun si doleva d'Amor forte,

 

 Quando mi vider, tutti con pietanza

 dissermi: - Fatto se', di tal, servente,

14  che mai non déi sperare altro che morte - .

 

 

VI

 

 Deh, spiriti miei, quando mi vedete

 con tanta pena, come non mandate