La madre - Grazia Deledda - E-Book

La madre E-Book

Grazia Deledda

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Beschreibung

La madre, considerato dalla critica il capolavoro di Grazia Deledda, fu pubblicato nel 1920. Seppur influenzato dai canoni naturalistici, come le sue altre opere, anche in questo romanzo la scrittrice sarda non si limita a curare minutamente la cornice ambientale, ma scava anche nella psicologia dei suoi personaggi.
La storia narrata ruota intorno al dramma di un giovane prete diviso tra l’amore per una donna e il sacerdozio e della madre che si adopera in tutti i modi per riportare il figlio ai suoi doveri, e che alla fine soccombe vinta dalla tensione.

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Grazia Deledda

La madre

OMBand Digital Editions

1. Alberto Camì, Breve matrimonio di Benito, e morte

2. Enrico Quarto, Le maschere

3. Pavel I. Smirnov, Il mio regno non è di questo mondo

4. Enrico Quarto, Il sogno del prete

5. Giovanni Messina, Elogio del paradosso

6. Michel de Montaigne, Il piacere di vivere

7. Serena Bianchi, Cliccare Obbedire Combattere

8. Giovanni Messina, I nove comandamenti

9. Giovanni Messina, Lo scrittore Heinrich

10. Giovanni Messina, Diario di una guerra quasi giusta

11. Giovanni Messina, Storia di un ristorante italiano in Cina

12. L’esprit (Le più belle massime della letteratura francese)

13. François Rabelais, Lode al debito

14. Voltaire, L’abc della filosofia

15. Enrico Quarto, Diamanti

16. Anatole France, Nel giardino di Epicuro

17. Duca de Saint-Simon, Questa puttana mi farà morire

18. Intervista alla Stupidità

19. Giovanni Messina, Delocalizziamo la vita

20. Italo Svevo, La novella del buon vecchio e della bella fanciulla

21. Italo Svevo, L’assassinio di via Belpoggio

22. Octave Mirbeau, La vacca picchiettata e altre strane storie

23. Luigi Pirandello, Così è (se vi pare)

24. Luigi Pirandello, Il berretto a sonagli

25. Luigi Pirandello, Il giuoco delle parti

26. Luigi Pirandello, Pensaci, Giacomino!

27. Luigi Pirandello, Liolà

28. Carlo Goldoni, La bottega del caffè

29. Carlo Goldoni, Le smanie per la villeggiatura

30. Le più belle poesie di Gabriele D’Annunzio

31. Carlo Goldoni, La Locandiera

32. Italo Svevo, Corto viaggio sentimentale

33. Luigi Pirandello, Tre atti unici

34. Federigo Tozzi, Con gli occhi chiusi

35. Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore

36. Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila

37. Luigi Pirandello, Enrico IV

38. Carlo Goldoni, Il servitore di due padroni

39. Dino Campana, Canti Orfici

40. Vittorio Alfieri, Della tirannide

41. Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame

42. Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

43. Niccolò Machiavelli, Mandragola

44. Giacomo Leopardi, Operette morali

45. Pedro Calderón de la Barca, La vita è sogno

46. Italo Svevo, Senilità

47. Italo Svevo, La coscienza di Zeno

48. Le più belle poesie d’amore di Torquato Tasso

49. Niccolò Machiavelli, Il Principe

50. Giacomo Leopardi, Pensieri

51. Luigi Capuana, Il marchese di Roccaverdina

52. Grazia Deledda, Canne al vento

53. Dante Alighieri, Vita Nuova

54. Giovanni Verga, Storia di una capinera

55. Giovanni Verga, I Malavoglia

56. Edmondo De Amicis, Cuore

57. Carlo Goldoni, Il ventaglio

58. Lev Tolstoj, Sonata a Kreutzer

59. Lev Tolstoj, La morte di Ivan Il′ič

60. Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore

61. Giovanni Verga, La Lupa

62. Giovanni Verga, Una peccatrice

63. Emilio De Marchi, Il cappello del prete

64. Italo Svevo, Una vita

65. Federigo Tozzi, Bestie

66. Fëdor Dostoevskij, Le notti bianche

67. Edmondo De Amicis, Amore e ginnastica

68. Luigi Pirandello, Questa sera si recita a soggetto

69. Luigi Pirandello, L’esclusa

70. Grazia Deledda, La madre

71. Grazia Deledda, Elias Portolu

72. Arthur Schopenhauer, Sul valore del giudizio degli altri

73. Gabriele D’Annunzio, Il fuoco

74. Gabriele D’Annunzio, Il piacere

75. Giovanni Verga, Eros

76. Vittorio Alfieri, Vita

77. Vittorio Alfieri, Mirra

78. Gaetano Carlo Chelli, L’eredità Ferramonti

79. Matilde Serao, Leggende napoletane

80. Matilde Serao, Il paese di cuccagna

81. Lev Tolstoj, I racconti di Sebastopoli

82. Federigo Tozzi, Il podere

83. Giovanni Verga, Cavalleria rusticana

84. Giovanni Verga, Mastro-don Gesualdo

85. Laurence Sterne, Viaggio sentimentale

86. Carlo Goldoni, Il teatro comico

87. Luigi Pirandello, La favola del figlio cambiato

88. Italo Svevo, Una burla riuscita

89. Matilde Serao, Il ventre di Napoli

90. Luigi Capuana, Giacinta

91. Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis

92.Søren Kierkegaard, Diario del seduttore

93. Giovanni Verga, Eva

94. Voltaire, Candido

95. Charles Dickens, Canto di Natale

96. Cesare Pavese, Tra donne sole

97. Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò

98. Cesare Pavese, La bella estate

99. Cesare Pavese, La luna e i falò

100. Cesare Pavese, Paesi tuoi

101. Cesare Pavese, La casa in collina

In copertina:

Donna disperata di Giuseppe Mentessi

www.omband.net

La madre

Anche quella notte, dunque, Paulo si disponeva ad uscire.

La madre, nella sua camera attigua a quella di lui, lo sentiva muoversi furtivo, aspettando forse, per uscire, ch'ella spegnesse il lume e si coricasse.

Ella spense il lume ma non si coricò. Seduta presso l'uscio si stringeva una con l'altra le sue dure mani di serva, ancora umide della risciacquatura delle stoviglie, calcando i pollici uno sull'altro per farsi forza; ma di momento in momento la sua inquietudine cresceva, vinceva la sua ostinazione a sperare che il figlio s'acquetasse, che, come un tempo, si mettesse a leggere o andasse a dormire. Per qualche minuto, infatti, i passi furtivi del giovane prete cessarono: si sentiva solo, di fuori, il rumore del vento accompagnato dal mormorio degli alberi del ciglione dietro la piccola parrocchia: un vento non troppo forte ma incessante e monotono che pareva fasciasse la casa con un grande nastro stridente, sempre più stretto, e tentasse sradicarla dalle sue fondamenta e tirarla giù.

La madre aveva già chiuso la porta di strada con due spranghe incrociate, per impedire al diavolo, che nelle notti di vento gira in cerca di anime, di penetrare in casa: in fondo però credeva poco a queste cose, e adesso pensava con amarezza, e con vaga derisione verso se stessa, che lo spirito maligno era già dentro la piccola parrocchia; che beveva alla brocca del suo Paulo e si aggirava intorno allo specchio di lui appeso accanto alla finestra.

Ecco che infatti Paulo si moveva di nuovo; forse era appunto davanti allo specchio, sebbene ai preti ciò non sia permesso. Ma che cosa non si permetteva Paulo, da qualche tempo in qua?

La madre ricordava di averlo spesso sorpreso, in quegli ultimi tempi, a specchiarsi a lungo come una donna, a pulirsi e lucidarsi le unghie, a spazzolarsi i capelli che si tirava in su dopo averli lasciati crescere, quasi cercando di nascondere il sacro segno della tonsura.

Egli poi usava dei profumi, si puliva i denti con polveri odorose e si passava il pettine persino sulle sopracciglia...

Le sembrava di vederlo, adesso, come se la parete divisoria si fosse spaccata: nero sullo sfondo della sua camera tutta bianca, alto, fin troppo alto, dinoccolato, andava e veniva col suo passo distratto di ragazzo, inciampando e scivolando spesso, ma tenendosi sempre in equilibrio. Aveva la testa un po' grossa sul collo sottile, e il viso pallido oppresso dalla fronte prominente che pareva costringesse le sopracciglia ad aggrottarsi per lo sforzo di reggerla e gli occhi lunghi a star socchiusi; mentre le mandibole forti, la bocca grande e carnosa e il mento duro parevano a loro volta ribellarsi con sdegno a questa oppressione, senza però potersene liberare.

Ma ecco che egli si fermava davanti allo specchio, e tutto il suo viso diventava luminoso perché le palpebre si sollevavano e nella trasparenza degli occhi castanei la pupilla raggiava come un diamante.

La madre si compiaceva, in fondo, nel suo cuore di madre, a vederlo così, bello e forte; quando il passo furtivo di lui la richiamò alla sua pena.

Egli usciva, non c'era più dubbio, usciva. Aprì l'uscio della sua camera. Si fermò di nuovo. Forse tendeva anche lui l'orecchio ai rumori intorno. Solo il vento continuava a sbattersi contro la casa. La madre tentò di alzarsi, di gridare.

“Figlio, Paulo, creatura di Dio, férmati.”

Ma una forza superiore alla sua volontà fermava lei. Le ginocchia tremavano, come cercando di ribellarsi a quella forza infernale: le ginocchia tremavano, ma i piedi non volevano muoversi; era come se due mani possenti li fermassero al pavimento.

Così il suo Paulo poté scendere silenzioso la scaletta, aprire la porta e andarsene: il vento parve portarselo via d'un colpo. Solo allora ella riuscì ad alzarsi, a riaccendere il lume, ma anche questo con difficoltà, perché gli zolfanelli lasciavano lunghe scie di luce violetta sul muro ov'ella li sfregava ma non si accendevano.

Finalmente la piccola lucerna d'ottone sparse un velo di luce nella cameretta nuda e povera come quella di una serva, ed ella aprì l'uscio e si sporse, ascoltando. Tremava; eppure si moveva tutta d'un pezzo, dura, legnosa, con la testa grossa sul corpo bassotto e forte che, rivestito d'un panno nero scolorito, pareva ritagliato a colpi di scure dal tronco d'un rovere.

Dall'alto del suo uscio ella vedeva la scaletta di ardesia, ripida fra le pareti bianche, e in fondo la porta che il vento scuoteva sui cardini. Vide le stanghe levate da Paulo appoggiate al muro, e fu presa da un impeto d'ira.

No, voleva vincere il demonio. Depose il lume sull'alto della scaletta, scese e uscì anche lei.

Il vento la investi con violenza, gonfiandole il fazzoletto e le vesti; pareva volesse costringerla a rientrare: ella si legò forte il fazzoletto sotto il mento, e procedé a testa bassa come per dar di cozzo all'ostacolo: così rasentò la facciata della parrocchia, il muro dell'orto e la facciata della chiesa: arrivata all'angolo di questa, si fermò. Paulo aveva svoltato di là e attraversava quasi di volo, come un grande uccello nero, con le falde del mantello svolazzanti, il prato che si stendeva davanti ad una casa antica addossata quasi al ciglione che chiudeva l'orizzonte sopra il villaggio.

Il chiarore ora azzurro ora giallo della luna travolta da grandi nuvole in corsa illuminava il prato erboso, la piazzetta sterrata davanti alla chiesa e alla parrocchia, e due fila di casupole serpeggianti ai due lati d'una strada in pendio che andava a perdersi fra le macchie della vallata. E in mezzo a questa appariva, come un'altra strada grigia e tortuosa, il fiume che a sua volta andava a confondersi tra i fiumi e le strade del paesaggio fantastico che le nuvole, spinte dal vento, componevano e scomponevano ogni tanto sull'orizzonte allo sbocco della valle.

Nel paesetto già più non si vedeva un lume, un filo di fumo. Dormivano, le povere casette arrampicate come due file di pecore su per la china erbosa, all'ombra della chiesetta che col suo esile campanile, riparato a sua volta sotto il ciglione, pareva il pastore appoggiato al suo vincastro.

Gli ontani in fila davanti al parapetto della piazza della chiesa, si sbattevano furiosi al vento, neri e sconvolti come mostri; al loro fruscìo rispondeva il lamento dei pioppi e dei canneti della valle: e a tutto quel dolore notturno, all'ansito del vento e al naufragare della luna fra le nuvole, si confondeva l'angoscia agitata della madre che inseguiva il figlio.

Fino a quel momento ella s'era illusa nella speranza di vederlo scendere al paesetto per visitare qualche malato: eccolo invece che correva come trasportato dal diavolo verso la casa antica sotto il ciglione.

E nella casa antica sotto il ciglione non c'era che una donna sana, giovine e sola...

Ed ecco che, invece di dirigersi alla porta come un semplice visitatore, egli andava dritto alla porticina dell'orto, e questa si apriva e si chiudeva dietro di lui come una bocca nera che lo ingoiasse.

Allora anche lei si slanciò attraverso il prato, quasi seguendo il solco fra l'erba lasciato da lui, fino alla porticina contro la quale puntò le mani aperte spingendo con tutta forza.

La porticina non cedette: anzi aveva come una forza di repulsione: e la donna ebbe voglia di percuoterla, di gridare; guardò in su e palpò il muro come per provarne la resistenza: infine, disperata, tese l'orecchio; ma si udiva solo il fruscìo degli alberi dell'orto, che, anch'essi amici e complici della loro padrona, pareva volessero col loro coprire ogni altro rumore intorno.

La madre però voleva vincer lei, voleva sentire, sapere... O meglio, poiché in fondo all'anima sapeva già la verità, voleva illudersi ancora d'ingannarsi.

Senza cercare oltre di nascondersi, andò lungo il muro dell'orto, lungo la facciata della casa, e più giù ancora, fino al portone del cortile: e palpava le pietre come cercandone una che cedesse, che lasciasse un buco per entrare.

Tutto era solido, compatto, chiuso: il portone, la porta, le finestre munite d'inferriata, parevano le aperture d'una fortezza.

La luna, in quel momento chiara in un lago d'azzurro, illuminava la facciata rossastra sulla quale ricadeva l'ombra del tetto spiovente ricoperto d'erbe: i vetri delle finestre, senza persiane ma con gli scurini chiusi di dentro, brillavano come specchi verdognoli riflettendo le nuvole e gli squarci d'azzurro e gli alberi mossi del ciglione.

Ella tornò indietro, rasentando con la testa gli anelli di ferro infissi nel muro per legarvi i cavalli: si fermò di nuovo davanti alla porta, e d'un tratto, davanti a quella porta alta su tre scalini di granito, riparata sotto un arco gotico e listata di ferro, si sentì umiliata, impotente a vincere, più piccola di quando bambina s'indugiava lì con gli altri ragazzi poveri del paesetto aspettando che il padrone uscisse e buttasse loro qualche soldo.

A volte, in quel tempo lontano, la porta era spalancata e lasciava vedere un ingresso scuro lastricato di pietra, con sedili pure di pietra: i ragazzi si spingevano fin sulla soglia gridando e la loro voce rimbombava nell'interno della casa come in una grotta: una serva s'affacciava per scacciarli.

“Come, ci sei anche tu, Maria Maddalena? Non ti vergogni ad andare coi monelli, grande come sei?”

E lei si scostava intimidita, pur volgendosi ancora a guardare con curiosità l'interno misterioso della casa; e così si scostava adesso, stringendosi le mani disperata e volgendosi a guardare la porticina che aveva ingoiato il suo Paulo come un trabocchetto: ma a misura che rifaceva i suoi passi e ritornava verso casa si pentiva di non aver gridato, di non aver buttato dei sassi contro la porta per farsela aprire e tentare di riprendersi il figlio: si pentiva, si fermava, tornava ad avanzarsi, tornava a ritirarsi, spinta da un'incertezza angosciosa: finché l'istinto di raccogliersi, di radunare meglio le sue forze prima del combattimento decisivo non la incalzò verso la sua casa come una bestia ferita al suo covo.

Appena fu dentro chiuse la porta e si lasciò cadere seduta sulla scala.

Dall'alto scendeva il chiarore tremulo della lucerna, e tutto, nell'interno della piccola casa fino a quel tempo ferma e tranquilla come un nido fra le rocce, pareva oscillasse: la roccia era scossa nelle sue radici, il nido stava per cadere.

Il vento fuori strisciava più intenso: il diavolo limava la parrocchia, la chiesa, il mondo tutto dei cristiani.

“Signore, Signore!” gemette la madre: e la sua voce parve quella di un'altra donna.

Allora guardò la sua ombra sulla parete della scala, e le fece un cenno con la testa. Sì, le pareva di non essere sola: e cominciò a ragionare come se davvero un'altra persona la sentisse e le rispondesse.

“Che fare, per salvarlo?”

“Aspettarlo qui, finché torna, e parlargli chiaro e forte, subito, mentre ne sei ancora in tempo, Maria Maddalena.”

“Egli s'irriterà. Egli negherà. È meglio andare dal Vescovo e pregarlo di mandarci via da questo luogo di perdizione. Il Vescovo è un uomo di Dio e conosce il mondo. M'inginocchierò ai suoi piedi: mi pare di vederlo, vestito di bianco, nel suo salone rosso, con la croce d'oro raggiante sul petto e due dita dritte a benedire. Sembra Gesù in persona. Gli dirò: «Monsignore, lei sa che la parrocchia di Aar, oltre all'essere la più povera del Regno, è colpita di maledizione. Per quasi cento anni è stata senza parroco e gli abitanti s'erano dimenticati di Dio, poi ce ne andò uno finalmente, di parroco, ma Monsignore sa che uomo fu quello. Buono e santo fino ai cinquant'anni: riedificò la parrocchia e la chiesa, fece costruire un ponte sul fiume, a spese sue; e andava a caccia e faceva vita comune coi pastori e i cacciatori. D'un tratto cambiò. Divenne cattivo come il diavolo. Faceva stregonerie. Cominciò a bere, diventò prepotente e manesco. Fumava la pipa, bestemmiava e sedeva per terra a giocare le carte coi peggiori mascalzoni del paese: che perciò lo amavano e lo proteggevano; mentre gli altri lo rispettavano appunto per questo. Poi negli ultimi anni si chiuse dentro la parrocchia, solo, senza neppure una serva: non usciva più se non per celebrare la Messa, ma la celebrava prima dell'alba e nessuno ci andava. E dicono che la celebrasse ubriaco. I parrocchiani non osavano accusarlo per paura e perché si diceva che era protetto dal diavolo in persona: e quando si ammalò nessuna donna volle andare ad assisterlo; né donne e neppure uomini, di quelli per bene, andarono ad assisterlo nei suoi ultimi giorni; eppure alla notte si vedevano tutte le finestre della parrocchia illuminate, e si dice che, in quelle notti, il diavolo abbia scavato un passaggio sotterraneo, di qui al fiume, per portarsi via anche la spoglia mortale del prete. E per questo passaggio lo spirito del parroco ritornava, negli anni di poi, dopo la sua morte, imperava ancora nella parrocchia, dove nessun altro sacerdote voleva venire ad abitare. Un prete veniva da un altro paese tutte le domeniche, a celebrare la Messa e a seppellire i morti; ma una notte lo spirito del parroco morto fece crollare il ponte. Dieci anni la parrocchia rimase senza prete, finché venne il mio Paulo. Ed io con lui. Si trovò il paese e gli abitanti inselvatichiti, senza fede; ma tutto rifiorì, dopo la venuta del mio Paulo; come la terra al ritorno della primavera. Però i superstiziosi dicevano bene: malanno incoglierà al nuovo parroco perché lo spirito dell'altro regna ancora nella parrocchia. Alcuni dicono che non è neppure morto; che vive qui in una abitazione sotterranea comunicante col fiume. Dico la verità, io non ho mai creduto a queste cose, né mai ho sentito rumori. Sette anni siamo qui, col mio Paulo, come in un piccolo convento. Fino a qualche tempo fa Paulo viveva ancora come un bambino innocente: studiava e pregava, e viveva per il bene dei suoi parrocchiani. Qualche volta suonava anche il flauto. Non era allegro, di carattere, ma era sereno. Sette anni di pace e di abbondanza come quelli della Bibbia. E non beveva, il mio Paulo, non andava a caccia, non fumava, non guardava una donna. Tutti i denari che poteva mettere da parte li metteva per ricostruire il ponte sotto il paese. Adesso ha ventotto anni il mio Paulo; ed ecco che la maledizione lo coglie. Una donna lo prende nelle sue reti. Monsignor Vescovo, ci mandi via di qui; salvi il mio Paulo: altrimenti egli perderà l'anima come l'antico parroco. Eppoi bisogna salvare anche la donna: è una donna sola, dopo tutto, esposta anche lei alle tentazioni nella solitudine della sua casa, nella desolazione di questo paesetto, dove nessuno è degno di farle compagnia. Monsignor Vescovo, vossignoria conosce questa donna: ha ospitato Lei e tutta la sua corte quando venne in visita pastorale. Ce n'è roba e spazio, in quella casa! E la donna è ricca, indipendente, sola: troppo sola! Ha fratelli e una sorella, ma tutti lontani, sposati e viventi in altri paesi. Essa è rimasta qui sola, a badare alla casa e al patrimonio: e va fuori raramente. Il mio Paulo neppure la conosceva, fino a poco tempo fa. Il padre della donna era un uomo un po' stravagante, mezzo signore, mezzo villano, cacciatore ed eretico. Basti dire che era amico dell'antico parroco. Non andava mai in chiesa; ma durante l'ultima sua malattia mandò a chiamare il mio Paulo; e il mio Paulo lo assisté fino alla morte, e gli fece un funerale come non s'era mai veduto in questi luoghi. Non una persona del villaggio mancò: neppure i bimbi lattanti tenuti in braccio dalle loro mamme. Poi il mio Paulo continuò a visitare l'unica superstite della casa. E questa orfana vive sola, con delle cattive serve. Chi la guida, chi la consiglia? Chi l'aiuta se non l'aiutiamo noi?»”

Ma l'altra le domandò:

“Sei certa, Maria Maddalena? Sei veramente certa di quello che pensi? Puoi davvero presentarti al Vescovo e parlare così di tuo figlio e di quell'altra persona, le prove in mano? E se nulla è vero?”.

“Signore, Signore!”

Nascose il viso tra le mani e subito vide il suo Paulo e la donna in una stanza terrena della casa antica: una stanza vasta, che dava sull'orto, con la volta a cupola, il pavimento di cemento battuto seminato di pietruzze di mare; un gran camino si sprofondava in una parete, con due sedili ai lati e davanti un canapè antico; le pareti imbiancate con la calce ornate di armi, di teste di cervi con le corna, di quadri con le tele nere che cadevano a brandelli e dove appariva solo, qua e là, nuotante nell'ombra, qualche mano di colore terroso, qualche scorcio di viso, o una treccia di donna o qualche frutto.

Paulo e la donna stavano seduti davanti al fuoco e si stringevano la mano...

“Signore!” ripeté la madre gemendo.