Manuale di Epitteto - Epitteto - E-Book

Manuale di Epitteto E-Book

Epitteto

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Beschreibung

Il Manuale costituisce una raccolta di precetti pratici, contenente, come i successivi Colloqui con sé stesso di Marco Aurelio, i concetti principali della dottrina morale stoica e della filosofia di Epitteto. Il tema principale è l'accettazione di ciò che succede.
Tuttavia, "alcune cose sono in nostro potere e altre no" e bisogna agire di conseguenza, assumendosi la responsabilità della pianificazione e attuando ciò che è possibile, con la virtù e senza essere sconvolti o scoraggiati dagli ostacoli e da ciò che non è in nostro controllo. Il pensiero di Epitteto si fonda su alcuni principi fondamentali espressi attraverso uno stile conciso, fatto di rapide enunciazioni, con lo scopo di formulare gli strumenti per il raggiungimento della felicità.

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GAEditori
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Il manuale di Epitteto (Enchiridion)

traduzione di Giacomo Leopardi

Preambolo del volgarizzatore

Non poche sentenze verissime, diverse considerazioni sottili, molti precetti e ricordi sommamente utili, oltre una grata semplicità e dimestichezza del dire, fanno as- sai prezioso e caro questo libricciuolo. Io per verità sono di opinione che la pratica filosofica che qui s'insegna, sia, se non sola tra le altre, almeno più delle altre profit- tevole nell'uso della vita umana, più accomodata all'uomo, e specialmente agli animi di natura o d'abito non eroici, né molto forti, ma temperati e forniti di me- diocre fortezza, o vero eziandio deboli, e però agli uo- mini moderni ancora più che agli antichi.

So bene che a questo mio giudizio è contraria la estima- zione universale, reputandosi comunemente che l'eserci- zio della filosofia stoica non si confaccia, e non sia pure eziandio possibile, se non solamente agli spiriti virili e gagliardi oltre misura. Laddove in sostanza a me pare che il principio e la ragione di tale filosofia, e particolar- mente di quella di Epitteto, non istieno già, come si dice, nella considerazione della forza, ma sì bene della debolezza dell'uomo; e similmente che l'uso e la utilità di detta filosofia si appartengano più propriamente a questa che a quella qualitàumana.

Perocché non altro è quella tranquillità dell'animo volu- ta da Epitteto sopra ogni cosa, e quello stato libero da passione, e quel non darsi pensiero delle cose esterne, se non ciò che noi chiamiamo freddezza d'animo, e noncu-ranza, o vogliasi indifferenza. Ora la utilità di questa di- sposizione, e della pratica di essa nell'uso del vivere, na- sce solo da questo, che l'uomo non può nella sua vita per modo alcuno né conseguir la beatitudine né schivare una continua infelicità. Che se a lui fosse possibile di perve- nire a questi fini, certo non sarebbe utile, né anco ragio- nevole, di astenersi dal procacciarli. Ora non potendogli ottenere, è proprio degli spiriti grandi e forti l'ostinarsi nientedimeno in desiderarli e cercarli ansiosamente, il contrastare, almeno dentro se medesimi, alla necessità, e far guerra feroce e mortale al destino, come i sette a Tebe di Eschilo, e come gli altri magnanimi degli anti- chitempi.

Proprio degli spiriti deboli di natura, o debilitati dall'uso dei mali e dalla cognizione della imbecillità naturale e irreparabile dei viventi, si è il cedere e conformarsi alla fortuna e al fato, il ridursi a desiderare solamente poco, e questo poco ancora rimessamente; anzi, per così dire, il perdere quasi del tutto l'abito e la facoltà, siccome di sperare, così di desiderare. E dove che quello stato di ni- micizia e di guerra con un potere incomparabilmente maggior dell'umano e non mai vincibile, dall'un lato non può avere alcun frutto, e dall'altro lato è pieno di pertur- bazione, di travaglio, d'angoscia e di miseria gravissima e continua; per lo contrario questo altro stato di pace, e quasi di soggezione dell'animo, e di servitù tranquilla, quantunque niente abbia di generoso, è pur conforme a ragione, conveniente alla natura mortale, e libero dauna

grandissima parte delle molestie, degli affanni e dei do- lori di che la vita nostra suole essere tribolata.

Imperocché veramente a ottenere quella miglior condi- zione di vita e quella sola felicità che si può ritrovare al mondo, non hanno gli uomini finalmente altra via se non questa una, di rinunciare, per così dir, la felicità, ed astenersi quanto è possibile dalla fuga del suo contrario. Ora la noncuranza delle cose di fuori, ingiunta da Epit- teto e dagli altri Stoici, viene a dir questo appunto, cioè non curarsi di essere beato né fuggire di essere infelice. Il quale insegnamento, che è come dire di dovere amar se medesimo con quanto si possa manco di ardore e di tenerezza, si è in verità la cima e la somma, sì della filo- sofia di Epitteto, e si ancora di tutta la sapienza umana, in quanto ella appartiene al ben essere dello spirito di ciascuno in particolare. Ed io, che dopo molti travagli dell'animo e molte angosce, ridotto quasi mal mio grado a praticare per abito il predetto insegnamento, ho ripor- tato di così fatta pratica e tuttavia riporto una utilità in- credibile, desidero e prego caldamente a tutti quelli che leggeranno queste carte, la facoltà di porlo medesima- mente ad esecuzione.