Anastasio Quiroga Pastore di Capre - Edgardo Miller - E-Book

Anastasio Quiroga Pastore di Capre E-Book

Edgardo Miller

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Beschreibung

"L'opera presentata da Edgardo Miller è una raccolta basata sul suo lavoro di giornalista. Così, come un baqueano che conosce il rumore della ghiaia e la polvere delle strade, traccia un itinerario che non ha altra pretesa se non quella di raccogliere la vita narrata di Anastasio Quiroga per consegnarla ai suoi lettori. Questa è né più né meno la sua intenzione. Ed è per questo che, dalla semplice narrazione, basata su resoconti, citazioni, ricerca di alcuni momenti singolari della vita del creatore andino che sembra volere poco più che essere sentito mentre cavalca per il mondo, come chi monta a cavallo e porta con sé la sua memoria per condividerla, riesce a farci sentire profondamente il significato dell'uomo che ci rappresenta. Non più nel mestizaje americano in cui ci troviamo, ma nell'America come totalità storica ed esistenziale. Miller riesce a condurci attraverso Anastasio verso l'America viva che è la nostra madre terra, quella che ha creato e ricreato noi che, tramite i nostri antenati, siamo arrivati da altri continenti. E ci comunica che questa America ci fa suoi nella presenza unica di quest'uomo attraversato dai venti e dalla musica delle Ande" (Alejandro Tarruella).

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Edgardo MillerCon la collaborazione di Leda Valladares

Anastasio Quiroga

Pastore di Capre

Tradizioni e Usanze della Quebrada de Humahuaca

Prologo Alejandro Tarruella

Foto Ernesto Monteavaro

 

Traduzione Giulia Battistoni

Gattari Benítez, Ricardo Humberto

Anastasio Quiroga : Pastore di capre / Ricardo Humberto Gattari Benítez. - 1a ed adaptada. - Ciudad Autónoma de Buenos Aires : Muiños de Vento, 2023.

Libro digital, EPUB

Archivo Digital: descarga y online

Traducción de: Giulia Battistoni.

ISBN 978-987-48266-7-1

1. Biografías. I. Battistoni, Giulia , trad. II. Título.

CDD 910

 

Progetto di Integrazione: “La Música y la Cultura del Hombre Americano”

Fotografie: Ernesto Monteavaro / Daniela Haman – Victoria Bianchi – Andrea Fruttero

Correzione: Andrea Melamud

Disegno di copertina: Tamara Herraiz

 

Tutti i diritti riservati

 

 

Prima edizione: Febbraio 2021

Edizione in formato digitale: maggio 2023

Conversione in formato digitale: Numerikes

ISBN XXXXXXX

 

 

Non è permessa la riproduzione totale o parziale, la conservazione o noleggio, la trasmissione o la trasformazione di questo libro, in qualsiasi forma o attraverso qualsiasi mezzo, sia elettronico o meccanico, mediante fotocopie, digitalizzazione o altri metodi, senza previa autorizzazione e scritto dell’editore. La violazione è punibile dalle leggi 11.723 e 25.446 della Repubblica Argentina.

PROLOGO

Edgardo Miller e una rivelazione nella sua testimonianza su Anastasio Quiroga

ALEJANDRO C. TARRUELLA

Mai, nel corso della sua vita, il musicista originario di Jujuy Anastadio Quiroga ha preteso di essere meglio degli altri. Era talmente piantato nella propria esistenza, che non aveva bisogno di parole accattivanti, di grandi discorsi né di accademismi. Era fugace come quel refolo di vento che lo trasportava. Il suo sapere era in parte quella sensazione di essere, cantare per vivere, non dimenticare ciò che i suoi antenati gli lasciarono: lì si trovava una delle chiavi della sua esistenza: il rispetto per l’altro, per gli altri, per la natura e la cultura che lo conteneva.

E succede qualcosa di strano in questo libro, “Anastasio Quiroga. Pastore di Capre”, che ha realizzato con la collaborazione di Leda Valladares. Sembra che l’autore abbia percepito quei fiumi profumati per i quali provò un apprezzamento che si sostiene nella propria esperienza di vita. Perché l’opera che presenta Edgardo Miller è un’elaborazione basata sul suo lavoro di giornalista. Così, come un ranger che conosce il suono delle strade sterrate e la polvere dei sentieri, traccia un percorso che ha il solo scopo di ripercorrere la vita narrata di Anastasio Quiroga per trasmetterla ai suoi lettori. La sua intenzione non è nientemeno. E per questo, dal semplice racconto, sostenuto negli articoli, negli incontri, ricerca certi momenti singolari della vita dell’autore andino, e sembra volere che il suo vagare per il mondo sia rilevante come chi cavalca un asino e porta i suoi ricordi per condividerli, riuscendo a far sentire a fondo il significato di uomo che ci rappresenta. Non più nel meticciato americano in cui ci siamo proiettati, bensì dall’America come totalità storica ed esperienziale. Miller riesce a portarci attraverso Anastasio nell’America viva che è la nostra terra madre, colei che ci ha creati e ci ha resi quelli di oggi, partendo dai nostri antenati provenienti da altri continenti. E ci comunica che quell’America ci rende suoi nella presenza unica di quell’uomo attraversato dal vento e dalla musica delle Ande.

Miller richiama alla memoria Rodolfo Kusch, il filosofo con il quale possiamo trattare una nuova dimensione dell’America, quella che Amelia Podetti fa risplendere nell’affermare che è proprio l’America, il posto nel mondo in cui si conferma l’universo. Kusch ha investigato sul musicista, poeta, pellegrino che scese dalla Quebrada de Humahuaca, e disse che “... don Anastasio è un pujllay, gioviale, loquace e sempre corretto. Non finge mai di rispondere alle domande, al contrario aggira la risposta diretta e preferisce utilizzare un aforisma, un proverbio o una storia con la quale comunica tutto ciò che realmente pensa...” E scoprì che così non deve affrontare niente, semplicemente fa in modo di aggirare gli ostacoli, superarli ed individuare le scorciatoie attraverso cui raggiungere un nuovo posto in cui ci siamo noi che conduciamo la nostra vita. Ed afferma che Anastasio ritiene che “il rispetto serve per essere disciplinati, organizzati, sensati, prudenti, buoni amici, tenere in considerazione il vero ed unico amore, e sapendo distinguere fra l’amore falso e il vero amore. Per me il vero amore nasce dal rispetto, poi ci sono molti amori.” “... ci sono molti amori, ma nessuno è autentico. L’unico autentico è quello che nasce dal rispetto. Quello è l’unico che in realtà può essere durevole dall’inizio alla fine, per questo io direi all’umanità, non solamente alla gente della mia città, del mio Paese, come ho detto altrove: Fate morire o scomparire il rispetto e la vita sarà un mare immenso, sangue e lacrime! Che siano gli studiosi ad analizzarlo se non ci credete”.

Come gli antichi poeti latini, Catullo, Orazio o Marziale, Anastasio non intende lasciare nel suo cammino una verità rivelata, si rivolge alle parole semplici che tessono i piccoli paesi nel loro telaio di assenza. Utilizza un aforisma, un epigramma e a volte ricorda Orazio quando lo avvertiva: “L’importante non è vivere ma navigare”, un modo di dire che un viaggio spoglio, forse trasportato dai venti e dalle parole che si dicono, è più tollerabile che un vivere appesantito dalle certezze. Forse la sua musica, che è venuta al mondo durante i suoi viaggi, che ha fatto risplendere con i suoi strumenti andini e che ha avuto compagni di viaggio come la famosa creatrice e cantante Leda Valladares, è parte di quel detto senza altra pretesa se non quella di convivere.

E Kusch, dopo averlo ascoltato, riconosce che tale rispetto di origine ancestrale è tradizione nell’America dei nostri avi. E questa notizia filosofica, che porta gioia e la speranza di individuare una parola per trovare una strada, nasce da un giornale, creato con la conoscenza di uno scrittore che conosce la trama dei successi che si rincorrono con un microfono ed una telecamera dove non sembrerebbe possibile che uno possa arrivare ad imbattersi con una rivelazione del genere. E tale successo, il rinnovarsi per passare da un lavoro ad un altro al quale uno si rivolge senza pensare mai che potesse raggiungere una conoscenza semplice, gli appartiene. Di conseguenza, i suoi reportage, attraversare il Paese per conoscere i protagonisti dell’opera, indagare fra gli archivi per trovare quelle note giornalistiche che altrimenti sarebbero andate perse, vanno a formare una passione che non si dà tregua e che trova in se stessa una sorta di missione segreta che oggi possiamo scoprire. Allo stesso modo quando Miller, dagli schermi, viaggiando per il Paese o il mondo, nel mezzo della pace o della guerra, avvistava un conflitto e riportava una narrazione attenta dei fatti e dei rischi con cui conviveva.

In giorni così difficili, fatti di avversità collettive in un mondo tormentato dalla pandemia, imbattersi in lavori di tale portata che ci permettono di conoscere, avvicinarci ad una personalità come quella di Anastasio Quiroga, ha un valore molto importante. E ciò accade in un libro composto in un certo modo, come un pezzo cinematografico la cui struttura si integra con diverse testimonianze, fra cui risalta quella di Leda Valladares, la ricerca di tratti del pensiero di Rodolfo Kusch, attraverso i quali ci ritroviamo ad affrontare un senso di responsabilità e di impegno. E, come ha lasciato scritto il filosofo, “En una Argentina intelectualizada, caótica, empapelada con toda clase de teorías y posiciones políticas, (Anastasio) tiene el valor de todo un símbolo”1.

Dirà Anastasio che fecero parte della sua vita il rumore degli animali, i cinguettii degli uccelli, il tremore della terra che scricchiola, grida e sussurri, i lampi e la loro musica inquietante, che fanno parte della vita della natura nella quale siamo immersi. E proponeva quindi il canto per vivere, respirare meglio, rispettarci, concederci salute affinché ogni alba fosse l’annuncio di una rinascita nell’apprezzamento dell’universo e del prossimo, nella quotidiana convivenza. Ovviamente con tali testimonianze, Miller ci fornisce inoltre informazioni di come essere migliori se lo vogliamo, così come lo facciamo quando respiriamo l’ossigeno che ci offre la natura. Così potremo far parte di un mondo che ci vuole migliori. “Senza rispetto, non vi è giustizia”, diceva Anastasio con la sua musica commovente, che è ciò che condivide Miller. Anastasio, l’artigiano che produceva i suoi tegami, i suoi strumenti, il suo rancho, colui che dipingeva e componeva musica nella proposta di utilizzarla non come una certezza ma come un dono per vivere, ci illumina. Un altro originario di Jujuy, il poeta Ernesto Aguirre aveva scritto con semplici parole nel suo poema “El carpintero”: “Ese hombre tiene nostalgias de pájaro/ por reso trabaja silbando”2. Un aforisma si direbbe, in un senso simile a quello che proponeva Anastasio, colui che oggi, in questo libro per il quale si è prodigato Edgardo Miller, abbiamo l’occasione di conoscere. Conoscere, e mi permetto di consigliare, condividere. Non ho alcun dubbio che quella fu la sua intenzione davanti alle parole con le quali ha tracciato questo cammino. E lo celebro invitando a leggere la sua opera.

INTRODUZIONE

Questo è un progetto che ho posticipato a lungo. L’idea di scrivere questo libro mi venne nel 1990, poco dopo avere intervistato Anastasio Quiroga nella Feria Internacional del Libro. È stata Leda Valladares a darmi la spinta finale per buttarmi nell’avventura di scrivere riguardo la vita del “Pastore id capre”.

Lì, nel suo appartamento della Recoleta, Leda incominciò a raccontarmi la vita di Quiroga, al quale dedicò gran parte del suo tempo. Valladares raccolse i racconti di Anastasio sulle tradizioni e usanze della Quebrada in una serie di programmi che venivano trasmessi per la vecchia LRA “Radio Nacional”. Leda è stata determinante affinché egli raggiungesse Buenos Aires e potesse sviluppare la sua arte silvestre.

Con arte e pazienza, Valladares incominciò a raccogliere capitolo per capitolo, ogni festa, rito, leggenda e storia del nord argentino. Nel suo linguaggio semplice, Quiroga descrisse ognuno dei suoi racconti in veste di protagonista dei fatti. Visse il carnevale, la sepoltura e il dissotterro del Diavolo, la cerimonia della “guagua de pan3”, l’apparizione di “ánimas”, il tanto temuto “familiar4”, la “apacheta5”, i viaggi sul ciglio dei torrenti, le interminabili passeggiate fra le colline. Passati 55 anni dall’avere registrato i programmi con Leda Valladares (1965), la sua storia acquisisce un valore incalcolabile per le tradizioni e usanze che ancora perdurano.

Stavo camminando per gli stand della Feria Internacional del Libro, (1989) nel Centro Municial de Exposiciones – che è attaccato alla Facoltà di Giurisprudenza -, e dietro una grande affluenza di giovani e adulti, seduto con i suoi strumenti, noto che vi era Quiroga che firmava copie del suo libro Mi chuspa de recuerdos, cuentos del noroeste argentino. Sembrava calmo, felice di essere circondato da tanta gente, tuttavia il suo sguardo denotava una certa tristezza. Accanto a lui, come un custode fedele, sedeva colei che fu la sua ultima moglie, responsabile culturale durante gli ultimi anni della sua vita.

Lui attraeva fortemente il pubblico, a partire dalla sua figura accattivante, fino al suo parlare senza sosta delle tradizioni e usanze della Quebrada, tutto si coniugava per far di sé un’icona artigianale.

L’incontro fu casuale, passai, lo vidi e gli chiesi un’intervista; fu una bella chiacchierata nella quale pian piano imparai a scoprirlo, lo conobbi e lo riconobbi. Mi catturò.

Decisi di mantenermi in contatto con lui, lo incontrai nel suo appartamento della Recoleta, lì viveva con la sua moglie tedesca, Hannelore. Lei esercitava un severo controllo su Anastasio, in un certo senso la donna era determinante nei suoi atti. Interveniva nei discorsi, lo correggeva e gli dava indicazioni. Dal primo momento sentii che Quiroga era succube di quella burbera donna che durante gli ultimi anni della sua vita aveva pubblicato due dei suoi libri e le cassette della sua musica; il profumo di soldi era evidente.

La ricerca mi ha condotto attraverso strade impensate, nonostante la maggior parte del materiale che viene qui pubblicato mi è stato fornito da Leda Valladares. Seppi che Anastasio Quiroga fu referente ed ispiratore di parte del libro La negación del pensamiento popular, di Rodolfo Kusch.

Anche il rinomato documentarista Jorge Prelorán lavorò con Quiroga in diversi film; lo stesso che Nicolás Sarkis nell’iconico film La muerte de Sebastián Arache y su pobre entierro; Leopold Torres Nilson lo convocò per il film La mafia; registrò musica per l’UNESCO a Venezia, Italia; partecipò al Festival de Artes Tradicionales Mundiales, Rennes, Francia; fu apprezzato da Juan Domingo Perón, il quale lo inviò come delegato del Ministero degli Affari Esteri e del Culto per la Musica Tradizionale, durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici di Monaco, Germania nel 1974. Nel 1977, il mio caro amico Roberto Vacca gli dedicò un capitolo del suo rinomato programma Historias de Argentina Secreta; che recitò a Coscquín nel 1983.

Indubbiamente Anastasio fu un talentuoso messaggero delle tradizioni e usanze della Quebrada.

A proposito di Rodolfo Kusch6, nella sua opera La negación del pensamiento popular, analizza il pensiero di Anastasio Quiroga:

“… No vale la pena discutir teóricamente el problema sin más bien examinar un ejemplo concreto del pensar popular. Nada mejor para esto que el pensamiento de Anastasio Quiroga. Este es un folklorista de vasta actuación, que conserva con una pureza notable su concepción del mundo popular y jujeña. Su larga permanencia en Buenos Aires no ha podido empañar su pensamiento, sino que al contrario, ha generado nuevas formas que resisten el embate de la gran urbe. Personalmente, don Anastasio es todo un pujllay, jovial, dicharachero y siempre correcto. Nunca pretende contestar las preguntas, sino que soslaya la respuesta directa y prefiere utilizar un aforismo, un proverbio o un cuento con el cual dice todo lo que realmente piensa. Por eso su personalidad tiene el valor de un emblema. En una Argentina intelectualizada, caótica, empapelada con toda clase de teorías y posiciones políticas, tiene el valor de todo un símbolo. Brinda solución y salida a muchos planteos contradictorios de los más estudiosos.

Sirve ante todo para ver cómo y de qué manera el pueblo piensa, ya que él representa ese modo de pensar, apremiado por las constantes presiones que sufre como habitante de Buenos Aires y como provinciano ingresado a ella. Había un pastor de cabras, pelador de cañas, atador de garrotes, y siempre ‘un chango andariego’. ‘No me pregunten dónde me crié —dijo una vez—, si yo no tuve nunca un lugar dónde criarme. Les puedo decir dónde nací, pero dónde me crié no’.7 (Frammento del libro La negación del pensamiento popular di Rodolfo Kusch).

 

Anastasio Quiroga è stato un uomo fondamentale all’interno del pensiero popolare degli anni ’70, décade di effervescenza giovanile che marcò profondamente la storia del nostro Paese, di un popolo che si è battuto per i propri diritti e morì in nome della tanto desiderata democrazia. Il valore di tale opera sta nell’evitare di perdere le tracce di don Anastasio, affinché il suo pensiero venga conosciuto dalle nuove generazioni. Non voglio rischiare che questo lavoro venga perso nel tempo. Perdere le radici dei nostri antenati, dell’intero Paese, e un popolo senza identità... sappiamo già che cosa succede quando i popoli perdono la propria identità, perdono la loro propria essenza.

Le fotografie – così come viene indicato – di questo libro appartengono al grande fotografo Ernesto Monteavaro, alla fotografa Daniela Haman e alla giornalista Andrea Fruttero. Inoltre, lavorarono per l’opera anche la scrittrice Alicia Marínez, la mia produttrice Viviana del Río e nelle correzioni, Andrea Melamud.

ANASTASIO QUIROGAPastore di Capre

Costumbrista, autodidatta e compilatore delle culture del nordest argentino, nacque l’1 di agosto del 1916, nel Barro Negro, in provincia di Jujuy. Agli inizi del suo esteso percorso artistico, visse a San Francisco de Asís de Esmoraca (Bolivia), poi successivamente in La Quiaca, Santa Catalina, nel Quartiere Roma de Glew e nel Quartiere della Recoleta, nella città di Buenos Aires. Padroneggiava alla perfezione la lingua quechua che imparò da sua madre, dalla quale ereditò anche i segreti della ceramica. È stato musicista, poeta, cantore, attore, liutaio, intagliatore di immagini e pittore di laminati.

Grazie a Leda Valladares, divenne famoso, partecipò con lei ad innumerevoli registrazioni del programma da lei condotto nella LRA “Radio Nacional”. Con la produzione della compilatrice registrò due dischi, Disco de un pastor de cabras e El arte silvestre de Anastasio Quiroga.

Artigiano e liutaio dei suoi strumenti, rappresentò l’Argentina come delegato del Ministero degli Affari Esteri e del Culto, per la Musica Tradizionale, durante lo svolgimento dei Giochi Olimpici di Monaco, Germania nel 1974. E su invito speciale della Casa della Cultura nel Festival della Musica Internazionale di Royan, Francia, nel marzo del 1974.

Si presentò nel X Festival di “Artes Tradicionales Mundiales”, organizzato dalla Casa della Cultura di Rennes, Francia, nell’aprile del 1975. Poeta e compositore di distici, visitò numerose città francesi, con uno spettacolo sponsorizzato dal Ministero dell’Educazione di quel Paese. Recitò in televisione sia in Francia che in Spagna. Registrò un lungometraggio a Venezia, Italia, per l’UNESCO, un altro per il College Beauregard de Burie, in Francia. Recitò nel Festival del Folclore di Cosquín, provincia di Cordoba, nel 1983. Prese parte al film nazionale La mafia, interpretato da Alfredo Alcón e Thelma Biral, e diretto da Leopold Torre Nilson. Recitò nel film El señor presidente con il libro del Premio Nobel della Letteratura Miguel Ángel de Asturias.

Compose ed interpretò la musica per: Casabindo, Chuzcalena, Fiesta en el volcán Higueras, La feria de Yavi e Hermógenes Cayo, che sono tutti documentari del regista Jorge Prelorán. Prestò la voce nel documentario Martín Choque, diretto da Tristán Bauer e Silvia Chanvillard.

Nel 1977, Roberto Vacca dedica un capitolo del programma Historias de la Argentina secreta a quello che chiamò “La vida de Anastasio Quiroga”, rilasciato da ATC, (adesso la TV Pubblica).

Espose i suoi dipinti nel Museo delle Belle Arti e nelle sale del Fondo Nazionale delle Arti. Partecipò varie volte alla Fiera Internazionale del Libro. Dedicò la sua vita alla trasmissione e diffusione delle antiche culture argentine, soprattutto quelle del nordest. Morì nella clinica medica San José della città di Buenos Aires il 24 settembre del 1988 a 72 anni.

FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO 7 APRILE DEL 1987

“Sin respeto, no hay justicia”

ANASTASIO QUIROGA

Nello stand delle province della 13° Fiera Internazionale del Libro, incontrai Anastasio Quiroga mentre sperperava sapienza al suo pubblico, bambini, alunni delle varie delegazioni che sono solite visitare la mostra. Mi avvicinai – non senza paura di interrompere – e gli chiesi un’intervista; il “Pastore di capre” mi rispose prontamente di sì.

 

EM: Anastasio, lo considero al giorno d’oggi il più importante diffusore della cultura coya.

AQ: Grazie, grazie mille per le sue parole, sono qui, tranquillo e cerco di essere al meglio possibile.

EM: Come si sente quando i bambini si avvicinano per parlare con lei?